Curare un tumore e datare un’opera d’arte? Ci penserà il CERN

(Reuters News) – Un nuovo acceleratore di particelle è stato presentato al CERN, il centro europeo di ricerca sulla fisica. Questa tecnologia potrà generare “acceleratori portatili” in grado di operare su due fronti: la medicina, come dispositivi per curare i pazienti oncologici, e nell’arte, per studiare più a fondo le opere. Il CERN sta gradualmente aggiornando il suo hardware per ottenere una maggiore quantità di dati dal Large Hadron Collider (LHC), il suo acceleratore circolare di 27 km. In attesa della nuova macchina Linac 4, che è costata 93 milioni di dollari e che ha richiesto 10 anni per la costruzione, il capo progetto Maurizio Vretenar ha dichiarato che il CERN ha ritenuto opportuno miniaturizzare la tecnologia per nuove potenziali applicazioni. Il CERN ha già reso disponibile una versione dell’acceleratore per la cura dei tumori, concedendo il brevetto in licenza ad ADAM, una spin-off di CERN che appartiene a Advanced Oncotherapy. Per quanto riguarda l’applicazione nell’ambito delle scienze museali, il CERN sta mettendo a punto un prototipo lungo un metro e pesante circa 100 chilogrammi, con il quale i musei potranno analizzare dipinti e gioielli..”Abbiamo già una collaborazione con il Louvre e con l’Istituto italiano per la conservazione delle opere di Firenze”, commenta Vretenar. Il Louvre di Parigi è l’unico museo al mondo già dotato di un acceleratore. Gli accertamenti delle opere d’arte durano poche ore e possono mostrare l’origine delle pietre  o rilevare elementi che datino e identifichino la vernice usata, potendo così riconoscere restauri o falsi. “Non c’è rischio di danni”, conclude  Vretenar. “Siamo molto attenti, l’intensità delle particelle è molto bassa”.

Fonte: Reuters Health News

Tom Miles

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

 

Post correlati

Lascia un commento



SICS Srl | Partita IVA: 07639150965

Sede legale: Via Giacomo Peroni, 400 - 00131 Roma
Sede operativa: Via della Stelletta, 23 - 00186 Roma

Popular Science Italia © 2024