Cuore: gli esercizi di resistenza possono alterare le prestazioni degli atri

cuore(Reuters Health) -Secondo alcuni ricercatori spagnoli,  dopo una gara di resistenza in alcuni individui la prestazione atriale risulta significativamente compromessa.”I cambiamenti acuti nelle prestazioni atriali in risposta all’esercizio di resistenza sono notevolmente influenzati dal carico di esercizio, ma hanno anche un’alta variabilità inter-individuale – spiega Maria Sanz-de la Garza dell’IDIBAPS, Hospital Clinic di Barcellona – I medici devono essere consapevoli di potenziali aritmie atriali a lungo termine nei soggetti con carico di lavoro maggiore, ma devono anche tenere conto che la soglia sopra la quale si verificano effetti patologici deve essere individualizzata”.
Dati recenti hanno dimostrato un’associazione dose-risposta tra l’allenamento di resistenza e l’aumento del rischio di fibrillazione atriale (AF) e flutter atriale, e diversi studi hanno dimostrato che le prestazioni del ventricolo risultano compromesse subito dopo un intenso esercizio di resistenza. Poco si sa, però, sulla risposta degli atri a questo tipo di sforzo.

Lo studio
Il team di Sanz-de la Garza ha utilizzato un’ecocardiografia con speckle-tracking bidimensionale per valutare la funzione atriale dopo tre diversi trail running (14 km, 35 km e 56 km) in base alla precedente formazione corridori (il gruppo S è stato allenato per meno di 3 ore a settimana, l’M 3-10 ore a settimana, mentre l’L più di 10 ore a settimana).
Gli studiosi hanno sottoposto a ecocardiografia 20 corridori in ogni gruppo 24 ore prima della gara ed entro la prima ora dall’arrivo al traguardo, come hanno riportato sul loro report pubblicato su ‘JACC: Cardiovascular Imaging’.

Le evidenze
Prima della gara, i volumi massimi atriali erano gradualmente più ampi nei tre gruppi, ma non c’erano differenze significative della funzione atriale al basale tra i gruppi.
Dopo la gara, la pressione polmonare arteriosa sistolica è aumentata progressivamente con la crescita della distanza.
La funzione contrattile dell’atrio sinistro è aumentata e il volume dell’atrio sinistro è diminuito dopo la corsa, ma non ci sono state differenze per gruppo. La funzione di serbatoio atriale è leggermente aumentata nel gruppo S, ma tendeva a diminuire nei gruppi M e L.
La tensione atriale destra e la velocità di deformazione atriale durante la fase di serbatoio è significativamente diminuita dopo la gara, ma non ci sono stati cambiamenti significativi nella funzione contrattile atriale e nelle dimensioni. I cambiamenti sono stati più notevole nel gruppo M e L.
Ci sono state significative differenze inter-individuali nella risposta atriale all’esercizio. Gli atleti che hanno corso per 14 km tendevano a mostrare un aumento sia nella funzione serbatoio sia in quella contrattile; quelli che hanno percorso 35 km hanno mostrato una diminuzione della funzione serbatoio e un aumento di quella contrattile; quelli che hanno corso 55 km hanno mostrato una diminuzione sia della funzione di serbatoio sia di quella contrattile.
Ci sono state, tuttavia, delle eccezioni, con alcuni atleti da 35 km che hanno mostrato una diminuzione della funzione di serbatoio e di quella contrattile e alcuni sportivi che hanno corso per 55 km che sono stati in grado di aumentare la funzione contrattile in risposta alla diminuzione della funzione serbatoio o addirittura di aumentare entrambe le funzioni atriali.

I commenti
“Resta da determinare se questi risultati persistono o sono reversibili – osservano i ricercatori – Tuttavia, i nostri risultati chiariscono la risposta atriale all’esercizio fisico e suggeriscono che l’impatto delle corse ripetute sulla funzione atriale potrebbe essere responsabile dello sviluppo di un substrato atriale di aritmie a lungo termine”.
“Vorrei sottolineare che i nostri risultati sull’adattamento di diversi individui al carico di esercizio fisico potrebbero aiutare la comunità di cardiologia dello sport a personalizzare protocolli di allenamento per ogni individuo e, potenzialmente, a identificare in anticipo gli individui con un modello di adattamento peggiore all’esercizio fisico”, aggiunge Sanz-de la Garza.

“Le prove circostanziali, come quella presentata da Sanz-de la Garza e colleghi continueranno a far discutere sugli effetti pro-aritmici dell’esercizio fisico – concludono i due specialisti – Speriamo che questo fornirà la motivazione per intraprendere i grandi studi clinici prospettici necessari per affrontare la salubrità degli esercizi di resistenza”.

Fonte: J Am Coll Cardiol Img 2016

Will Boggs

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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