
Il primo caso della nuova variante, rapidamente posta sotto monitoraggio dall’Organizzazione mondiale della Sanità, è stato segnalato in Danimarca il 24 luglio. Successivamente è stata isolata in Sud Africa, Stati Uniti, Danimarca, Israele e Regno Unito. “La cosa ritenuta di particolare interesse è che, diversamente da altre varianti, manca un nesso epidemiologico tra i vari casi”, chiarisce Ciccozzi, “ovvero i casi non sembrano collegati tra loro e con il primo”.
“Finora – prosegue – sono stati sequenziati solo 10 genomi e sebbene con un numero basso di prevalenza, sono state rilevate diverse nuove mutazioni se confrontate con il presunto antenato BA.2”. Tra di essi “vi sono due mutazioni da tenere sotto controllo sulla proteina Spike, che svolge una funzione cruciale nelle infezioni e nella risposta immunitaria: una che richiama il ceppo originale di Wuhan e un’altra che ricorda la variante Delta”. Lo studio si basa sui pochi sequenziamenti finora disponibili ma in base a questi dati non vi è al momento “alcuna indicazione per considerare questa come una nuova variante significativamente preoccupante”, conclude Ciccozzi e “sono necessari ulteriori dati per capire se la variante sarà pericolosa o meno”.
