Concluso il primo biennio di lavoro di SMALab, il laboratorio manageriale sull’atrofia muscolare spinale

Conoscere come sono organizzate le Unità operative che si occupano di atrofia muscolare spinale (SMA) e come rispondono ai fabbisogni di pazienti e famiglie è il primo passo per capire come migliorare i processi di presa in carico e gestione di una malattia così complessa.

L’attività di ricerca è al centro dello SMALab, un laboratorio di management nato nel 2018 dalla collaborazione tra Biogen Italia e Sda Bocconi e si affianca alla linea di attività dei workshop e quella di divulgazione attraverso il research day del 18 novembre e la pubblicazione dei risultati.

“Il laboratorio è nato per mettere a disposizione di istituzioni, professionisti, pazienti e delle loro famiglie tutte le più recenti conoscenze, acquisizioni, competenze e innovazioni scientifiche, per far sì che si possa promuovere un cambiamento utile all’evoluzione del sistema – spiega Giuseppe Banfi, amministratore delegato di Biogen Italia –. La nostra è un’azienda pioniera nelle neuroscienze: da sempre siamo impegnati, oltre che nello sviluppo e nella commercializzazione delle terapie, anche nello sviluppo di progetti e servizi che possano migliorare l’ecosistema di pazienti e caregiver che devono fronteggiare ogni giorno malattie importanti come appunto l’atrofia muscolare spinale”.

La collaborazione tra Biogen e SDA Bocconi

L’esperienza di SMALab segue quella di MsmLab, il laboratorio dedicato alla sclerosi multipla iniziato nel 2013 per promuovere iniziative di ricerca su temi di management per la sclerosi multipla e per creare occasioni di dibattito e confronto multidisciplinari. Dopo un lungo percorso, il progetto ha allargato la sua osservazione trasformandosi nel 2020 nel NeuroMLab che consolida la collaborazione tra SDA Bocconi e Biogen.

Valorizzando il patrimonio di esperienze pregresse, la ricerca dello SMALab ha permesso di mettere a fuoco l’organizzazione di 27 centri di competenza che si occupano della malattia: dietro al concetto di “centro” ci sono modelli di organizzazione molto diversi che sono stati analizzati nel corso della prima edizione del laboratorio. I risultati sono diventati patrimonio anche di chi non ha partecipato direttamente allo SMALab ma ha interesse alla qualità delle cure della SMA: istituzioni di diversa natura (nazionali, regionali e aziende sanitarie) e associazioni dei pazienti.

L’organizzazione delle cure per la SMA

“La seconda linea di attività di SMALab, dopo la ricerca, è la discussione attraverso workshop – racconta Valeria Tozzi, Associate Professor of Practice di Sda Bocconi – in cui i professionisti si confrontano sui modelli di presa in carico messi in campo avviando naturalmente dei processi di miglioramento reciproco”.

La scelta della patologia al centro del laboratorio manageriale è dettata dalla sua complessità poiché è rara e colpisce bambini e adulti: “Per fortuna negli ultimi anni abbiamo assistito a un enorme avanzamento della ricerca scientifica per quanto riguarda l’atrofia muscolare spinale – ricorda Banfi – Questo ha portato a una vera e propria rivoluzione in termini di sopravvivenza e di qualità della vita delle persone colpite, ma ha anche comportato una novità radicale nella gestione di questa malattia. Da qui il bisogno di elaborare percorsi condivisi per la gestione e la presa in carico di queste persone”.

La generazione di un patrimonio di conoscenze

La terza linea di attività riguarda infine la restituzione del lavoro svolto. L’ultimo appuntamento di questo primo biennio di lavori è il research day del 18 novembre, cui seguirà la pubblicazione dei risultati dei primi due anni. Si tratta di passaggi particolarmente importanti da una parte per capire le specificità organizzative delle varie regioni, che hanno autonomia in materia di tutela della salute, e dall’altra per rendere patrimonio collettivo i processi di apprendimento che la comunità dello SMALab ha iniziato a sviluppare.

“SMALab non è un progetto spot, ma ha l’ambizione di durare nel tempo e di perpetrare le tre linee di attività – ricerca, discussione attraverso workshop e pubblicazione – per rafforzare la comunità stessa e questo costante processo di elaborazione sul miglioramento dei servizi per i pazienti affetti da Sma”, conclude Tozzi.

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