Decolla il test BRCA, ma mancano le donne ad alto rischio

Per quanto il numero di donne indirizzate alla consulenza genetica ed ai test della mutazione BRCA sia aumentato in modo considerevole nell’ultimo decennio, la vasta maggioranza delle donne ad alto rischio di tumori mammari ed ovarici non viene controllata. Lo rivela un ampio studio retrospettivo condotto sui dati assicurativi USA fra il 2004 ed il 2014.

Secondo Fangjian Guo dell’università del Texas, autrice dello studio, il ruolo del test BRCA negli USA  si è gradualmente trasformato nell’ultimo decennio, passando dall’impiego essenzialmente nelle pazienti oncologiche a quello nelle donne non affette. Sono state identificate notevoli opportunità perse per la prevenzione dei tumori, dato che è stato stimato che il 90% delle 220.000 portatrici di mutazioni BRCA negli USA rimanga non identificato.

Questo fenomeno si deve al fatto che le raccomandazioni per lo screening non sono abbastanza ampie, ma anche alla mancanza di consapevolezza nei medici di base. Nelle donne con tumore mammario o ovarico ad insorgenza precoce, il test BRCA può identificare i casi con mutazioni ad alto rischio indirizzanddole ad opzioni terapeutiche specifiche, e può anche identificare le portatrici di mutazioni ad alto rischio per sottoporle a screening precoce ed intensificato, o persino a chemioterapia e chirurgia preventiva.

I progressi nella sequenziazione di ultima generazione hanno ridotto i costi dei test genetici, ed anni di marketing massivo ed intensivo per i test BRCA hanno reso più compiacenti i criteri per lo screening, incrementando l’ansia sulle implicazioni del non sottoporsi al test.

Ne deriva che il numero di pazienti che richiedono il test è in aumento, anche a costo di presentarsi autonomamente e pagare di tasca propria. Per quanto i medici di base possano sentirsi frustrati per la mancanza di una guida chiara sui test delle mutazioni BRCA, essi dovrebbero comunque essere ben preparati per discutere pro e contro dei test genetici onde aiutare le donne a prendere decisioni informate, ma una recente indagine condotta proprio fra i medici di base indica che soltanto il 19% di essi è in grado di identificare correttamente i profili a rischio sulla base dell’anamnesi familiare, ed il 46% sceglie uno o più scenari a basso rischio come criterio per consigliare il test genetico. (Am J Prev Med online 2017, pubblicato il 22/3)

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