Qualità della vita e gestione dei pazienti con EPN

L’Emoglobinuria Parossistica Notturna (EPN), è una patologia rara caratterizzata da anemia emolitica, insufficienza midollare e trombosi. Colpisce allo stesso modo uomini e donne, meno frequentemente i bambini, con un picco di incidenza tra i 30 e i 45 anni di età. La prevalenza stimata è tra 0,5 e 1,5 casi per milione di abitanti, con 1,3 nuovi casi l’anno per milione di abitanti.

Come spiega Esther Oliva, Dirigente Medico presso il Grande Ospedale Metropolitano Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria e Vice Presidente del Scientific Working Group dell’Associazione Europea di Ematologia (EHA) per la qualità della vita e sintomi ,“L’EPN colpisce persone di età variabile e spesso è associata anche ad altre patologie del midollo osseo, come l’aplasia midollare o la sindrome mielodisplastica”

Il quadro clinico, l’intensità dei sintomi e il decorso della malattia sono molto variabili. I pazienti possono presentare episodi di crisi emolitiche, trombocitopenia, leucopenia, emoglobinuria e trombosi arteriosa e venosa. Talvolta, l’esordio della malattia può avvenire a seguito di un evento trombotico. “La patologia si accompagna soprattutto alla fatigue che si associa all’anemia e all’emolisi e possono presentarsi sintomi quali dispnea e dolori addominali, lombari agli arti inferiori e cefalea”, continua Esther Oliva. “Rispetto alla popolazione generale i pazienti hanno una qualità di vita peggiore in tutte le sue dimensioni, sia per la dipendenza a un trattamento a vita, sia per gli eventi intermittenti di emolisi acuta e per l’aumento di un rischio infettivo associato al trattamento”.

Altri possibili sintomi sono quelli secondari alle trombosi, variabili a seconda della parte del corpo interessata. Quest’ultime possono verificarsi nei vasi sanguigni di tutto il corpo (polmoni, reni e midollo le regioni più colpite) causando patologia o morte. Altre manifestazioni sono in genere presenti in pazienti in cui l’EPN è associata ad anemia aplastica ed includono tendenza a emorragie (se il numero delle piastrine è < 50.000) e aumentata suscettibilità a infezioni (con numero di globuli bianchi < 1.000).

Il trattamento dell’EPN si basa sull’uso di farmaci inibitori del complemento, nello specifico anticorpi monoclonali, che impediscono il processo di distruzione cellulare mediato dal complemento. Tra questi, eculizumab rappresenta il trattamento di elezione, associato ad una forte riduzione del rischio di tromboembolismo e necessità di trasfusioni, generando un significativo miglioramento di sintomi e qualità della vita.

Di recente sono state introdotte nuove alternative terapeutiche da somministrare successivamente ad eculizumab quali ravulizumab e pegcetacoplan, anch’essi inibitori del complemento. “I pazienti con EPN avranno necessità di trattamento cronico per tutta la vita”, conclude Esther Oliva. “Per questo sarebbe desiderabile un trattamento che tenga i pazienti lontani dall’ospedale quindi somministrabile a domicilio, tollerabile in termini di effetti collaterali e che abbia un buon controllo dell’emolisi con miglioramento dei sintomi quali la fatigue e i disturbi cognitivi” L’EPN è una patologia cronica e ad oggi non esistono trattamenti curativi se non il trapianto allogenico di midollo osseo, procedura ad alto rischio di complicanze e limitata a pazienti più giovani.

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