Rigore e metodo scientifico nello sviluppo dei biosimilari

I biosimilari sono farmaci sviluppati in modo da essere estremamente simili per qualità, efficacia e sicurezza a medicinali biologici riferimento, definiti anche “originator”, in quanto già approvati nell’UE e non più soggetti a copertura brevettuale. I biosimilari differiscono dai farmaci generici di sintesi chimica per molti aspetti, come ad esempio, la complessità strutturale, la dimensione molecolare e i processi di produzione, che avvengo in organismi viventi.

Come spiega Simona Sica, Direttrice dell’Unità Operativa Complessa di Ematologia e Trapianto di cellule staminali emopoietiche – Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, “i biosimilari sono prodotti a partire da un farmaco comparatore, “l’originator”, il biologico di riferimento che è già disponibile in commercio. L’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), ha definito con precisione quali debbano essere le caratteristiche di un biosimilare e le tappe per lo sviluppo”.

Il primo step del processo produttivo consiste nella selezione della linea cellulare capace di produrre proteine altamente simili all’originator in termini di struttura e attività biologica. Una volta identificata la linea cellulare, la produzione implica numerose fasi brevettate tra cui il metodo di espansione delle cellule, le condizioni del bioreattore, l’estrazione e la purificazione della proteina, la sua formulazione e il confezionamento. Data la complessità dei sistemi produttivi biotecnologici, ogni minima differenza nel processo può avere ripercussioni sulla struttura e funzione della proteina. Pertanto, è estremamente importante controllare e monitorare attentamente tutte le fasi del processo produttivo. Il concetto chiave è similarity throughout: il biosimilare non deve presentare alcuna differenza clinica significativa rispetto al prodotto di riferimento, l’originator.

“Un biosimilare deve essere estremamente simile al medicinale di riferimento”, osserva Simona Sica, “e la regolamentazione prevede che la variabilità tra i diversi lotti di farmaco biosimilare sia molto ridotta”. Lo sviluppo del biosimilare si basa sull’esercizio di comparabilità, una procedura di confronto graduale (stepwise) con il medicinale di riferimento. Ad ogni fase dell’esercizio di comparabilità, viene annullato il rischio residuo di differenze con l’originator, fino ad arrivare allo studio di comparabilità clinica di Fase III.

“Il primo step prevede studi comparativi di qualità, che testano le proprietà fisiche, chimiche e funzionali (legate all’attività biologica e farmacologica)”, conclude Simona Sica. “In seguito sono effettuati studi comparativi per l’analisi della farmacodinamica e della tossicologia e infine sono necessari studi comparativi clinici per documentare l’efficacia, la sicurezza e l’immunogenicità della molecola”. Gli studi clinici di comparabilità di Fase III sono progettati con attenzione e includono popolazioni sensibili ed endpoint clinici mirati a individuare qualsiasi differenza clinicamente significativa tra il biosimilare e l’originator. Tutti i dati raccolti rientrano nella “totalità delle evidenze” che vengono prese in considerazione da EMA per attestare la biosimilarità.

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