Mielofibrosi: fedratinib efficace ma tossico

Il JAK2-inibitore selettivo noto come fedratinib riduce i sintomi nei pazienti con mielofibrosi primaria o secondaria, ma la sua tossicità neurologica ha portato all’arresto del suo sviluppo. Secondo Ayalew Tefferi della Mayo Clinic di Rochester, che ha partecipato allo studio su 289 pazienti che ha portato a questi esiti, si tratta già del secondo farmaco di questa classe il cui sviluppo è stato terminato in conseguenza delle neuropatie da esso indotte, ma l’encefalopatia di Wernicke associata al fedratinib sinora non era mai stata associata a nessun altro farmaco.

Secondo i ricercatori, questi farmaci inibiscono sia le forme normali che quelle mutate dell’enzima JAK2, ma mancano di un’attività antitumorale diretta e specifica. La loro azione, inoltre, determina la soppressione di molteplici citochine, alcune delle quali potrebbero essere importanti per lo sviluppo e la normale funzionalità del sistema immunitario, partecipando anche alla protezione dalle infezioni opportunistiche. La scoperta delle mutazioni JAK2, avvenuta nel 2004, rappresenta un grande progresso nello studio delle neoplasie mieloproliferative: ciò ha consentito notevoli revisioni nelle diagnosi di queste malattie e la susseguente scoperta di ulteriori mutazioni, come quelle CALR, a loro volta utili nella prognosi della malattia.

L’esperienza sinora maturata con i JAK2-inibitori, comunque, non garantisce benefici palliativi ai pazienti, a differenza da quanto accaduto con l’imatinib nella leucemia mieloide cronica. La promessa del fedratinib consiste nella sua potenziale efficacia nei pazienti con la mutazione M929I, che potrebbe essere un comune meccanismo di resistenza al ruxolitinib, ed alcuni esperti sperano che man mano che le conoscenze sui profili di resistenza agli inibitori JAK/STAT e sulle origini della loro neurotossicità aumenteranno, non si debba rimpiangere la sospensione delle ricerche sul fedratinib, che alcuni reputano prematura. (JAMA Oncol online 2015, pubblicato il 18/6)

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