Asma e BPCO: nuovo inalatore riutilizzabile potrebbe incrementare l’aderenza alla terapia – Intervista a Federico Lavorini (Uni. Firenze)

La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una malattia che costituisce la quarta più importante causa di morte a livello mondiale e rappresenta un capitolo molto importante delle patologie respiratorie croniche. Nonostante questo, la malattia subisce le conseguenze di un ritardo nella diagnosi e resta ancora molto sottovalutata dai pazienti. Una nuova opzione terapeutica potrebbe però portare benefici per il trattamento di questa patologia soprattutto dal punto di vista dell’aderenza alle cure. Si tratta infatti di un device realizzato circa un ventennio fa ma che viene oggi rinnovato soprattutto nella tecnologia diventando riutilizzabile fino a sei volte. Abbiamo analizzato le differenze tra vecchio e nuovo Respimat, questo il dispositivo, con il professor Federico Lavorini, Ordinario di Malattie dell’Apparato Respiratorio presso l’Università degli Studi di Firenze e Direttore della Struttura Organizzativa Dipartimentale Complessa di Pneumologia e Fisiopatologia Toraco-Polmonare presso Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze.

Molti sono infatti i punti di forza del vecchio dispositivo che sono stati mantenuti anche nel nuovo, a cominciare dall’efficienza nella produzione dell’aerosol, ci spiega l’esperto. L’aspetto più interessante però della nuova tecnologia è che “all’ultima dose, dopo l’erogazione, la cartuccia viene automaticamente espulsa e ciò consente la possibilità di riutilizzare il dispositivo”, prosegue Lavorini. Ciò si traduce nella possibilità di “prescrivere un dispositivo e fino a sei cartucce, quindi sei mesi di terapia. Questo avrà molto probabilmente un impatto positivo dal punto di vista dell’ambiente, ed è anche ipotizzabile che avere fino a sei cartucce disponibili consentirà ad una persona di essere più aderente alla terapia. Questo è il primo dispositivo che ha questa possibilità di riutilizzo in Italia”.

Come in tutti gli ambiti, anche e soprattutto per malattie come asma e BPCO il Covid-19 ha influito notevolmente. L’apparato respiratorio è infatti la porta di accesso del virus Sars-CoV-2 e proprio per questo motivo, spiega lo pneumologo, si è deciso “di limitare da una parte l’esecuzione della spirometria e dall’altra l’aerosol terapia e quindi utilizzare il più possibile dispositivi come questo (Respimat ndr) o altri che danno una esposizione ad aerosol potenzialmente infetto molto basso”.

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