
Il nuovo esperimento è stato condotto su staminali del sangue umano prelevate da donatori sani tra i 30 e i 55 anni, l’età tipica degli astronauti. Portate nel laboratorio di radiazioni spaziali della Nasa presso il Brookhaven National Laboratory, le cellule sono state bombardate con alte dosi di protoni e ioni di ferro, lo stesso tipo di radiazioni presenti nello spazio profondo.
I primi test in provetta hanno subito dimostrato che le staminali vengono pesantemente danneggiate dall’esposizione, perché perdono il 60-80% della loro capacità di produrre i diversi tipi di cellule del sangue: ciò potrebbe causare anemia e un grave indebolimento delle difese immunitarie. Per scoprire i reali effetti sull’intero organismo, le staminali irradiate sono state quindi trapiantate nei topi.
Nel giro di breve tempo, gli animali hanno sviluppato una leucemia linfoblastica acuta. Secondo i ricercatori, coordinati da Christopher Porada, le radiazioni favorirebbero la leucemia agendo su due livelli differenti: da un lato potrebbero indurre nelle cellule del sangue delle mutazioni genetiche che causano la formazione del tumore, mentre dall’altro lato potrebbero indebolire le difese immunitarie contro virus, batteri e ovviamente contro le cellule tumorali.

Temo che questi risultati, che mi sembrano inoppugnabili, pongano limiti severi alle possibilità di condurre prolungate esplorazioni spaziali: le particelle cariche possono, in linea di principio, essere deviate da campi magnetici, mentre i neutroni e la radiazione X e gamma devono essere assorbiti da pesanti schermature, allo stato dell’arte non trasportabili sui veicoli spaziali