Artrite reumatoide e diabete di tipo 2: curarle insieme è possibile

Trattare allo stesso tempo, con un unico farmaco, sia l’artrite reumatoide sia il diabete di tipo 2, patologie spesso associate nei pazienti reumatici, è possibile.

L’evidenza emerge da uno studio italiano, TRACK, che ha testato l’efficacia nel lungo periodo della terapia con un antagonista dell’interleuchina-1 (IL-1) già utilizzato per l’artrite reumatoide, anakinra, nel tenere sotto controllo anche la glicemia.

I risultati a 18 mesi sono stati presentato oggi in occasione del Congresso Nazionale della Società Italiana di Reumatologia (SIR).

Ben l’80% dei pazienti in trattamento con anakinra ha mantenuto la risposta nel lungo periodo nei confronti di entrambe le patologie. Sulla base dei benefici osservati, partirà nei prossimi mesi un secondo studio, TRACK 2, che per la sua rilevanza ha ottenuto l’egida della SIR.

“La percentuale delle risposte che abbiamo osservato dopo 18 mesi di trattamento è molto alta – dice Roberto Giacomelli, Professore Ordinario di Reumatologia, Direttore UOC di Immunoreumatologia, Università di Roma “Campus Biomedico” – Otto pazienti su dieci, tra quelli che avevano ottenuto benefici statisticamente e clinicamente significativi già nei primi sei mesi dello studio, hanno mantenuto un buon controllo del diabete; al contempo, l’artrite reumatoide è rimasta in stato di remissione o di minima attività di malattia, che sono i due obiettivi principali della terapia reumatologica. Più nello specifico, per quanto riguarda il diabete, l’emoglobina glicata – che indica l’andamento della glicemia negli ultimi 2-3 mesi – nella media si è mantenuta stabile, ridotta rispetto ai valori iniziali e sotto il valore-soglia del 7%. In più della metà dei pazienti, inoltre, la risposta è stata così buona da portare a una riduzione dei farmaci anti-diabetici, e una parte di loro li ha sospesi del tutto”.

I nuovi risultati, presentati recentemente anche al congresso virtuale dell’American College of Rheumatology mostrano che la strada intrapresa è quella giusta. IL-1 è, infatti, una citochina infiammatoria che appare coinvolta sia nei processi infiammatori dell’artrite reumatoide, sia nello stato infiammatorio che porta allo sviluppo del diabete di tipo 2.

In Italia circa 400 mila persone soffrono di artrite reumatoide. Di queste, secondo una stima, quasi 55 mila presentano anche il diabete di tipo 2. “Oltre il 13% dei pazienti con artrite reumatoide è diabetico, una condizione che peggiora la qualità di vita di queste persone e aumenta il rischio di eventi gravi, come infarti e ictus, già associati all’artrite reumatoide – continua Giacomelli – “Inibire IL-1 può ‘spegnere’ l’iper-attivazione infiammatoria presente in entrambe le patologie e migliorare il profilo di rischio cardiovascolare. Con il nuovo studio in partenza, TRACK 2, vogliamo confermare i risultati ottenuti finora su una casistica di pazienti più numerosa. Anche in questo caso sarà una sperimentazione multicentrica e contiamo di arruolare circa 80 pazienti”.

“L’obiettivo della ricerca clinica è anche quello di semplificare le cure, riducendo il carico di farmaci e i possibili effetti collaterali, migliorando l’aderenza al trattamento e contribuendo a ridurre anche i costi sanitari delle patologie” – commenta il Prof. Roberto Gerli, nuovo Presidente della Società Italiana di Reumatologia (SIR) – “Lo studio TRACK va esattamente in questa direzione e i risultati ottenuti nel lungo periodo, particolarmente significativi, hanno spinto la nostra società scientifica a sostenere uno studio più ampio che possa confermarli ulteriormente”.

Lo studio TRACK
TRACK è uno studio multicentrico open label, controllato e randomizzato, per il miglioramento della pratica clinica. Ha coinvolto 18 Centri di Reumatologia in tutta Italia e ha arruolato 39 pazienti con artrite reumatoide e diabete di tipo 2. Una parte è stata inizialmente trattata con l’antagonista dell’interleuchina-1 anakinra, e una parte con farmaci che inibiscono il TNF (Fattore di Necrosi Tumorale). La sperimentazione è stata interrotta prima del termine stabilito per evidente superiorità della terapia con l’antagonista IL-1. I risultati a sei mesi, pubblicati su PloS One, avevano mostrato una riduzione del rischio di diabete non controllato del 42%. Ora, il nuovo follow up a 18 mesi indica che i benefici vengono mantenuti nel lungo periodo.

 

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