Anziani: neurodegenerazione spesso collegata a quattro proteinopatie

(Reuters Health) – Uno studio dell’Università del Kentucky di Lexinton ha rilevato come la presenza di quattro proteine mal ripiegate correlate a neurodegenerazione sia comune nei cervelli degli anziani e si associa a demenza e compromissione della cognizione.

Le proteine mal ripiegate – grovigli neurofibrillari di tau, beta-amiloide, alfa-sinucleina e proteina 43 di risposta transattiva DNA-legante (TDP-43) – sono spesso osservate nei cervelli degli anziani.

Tuttavia, a oggi pochi studi hanno indagato il fenotipo delle “proteine mal ripiegate quadruple”, o QMP, come Erin L. Abner e colleghi dell’Università del Kentucky di Lexinton hanno definito la coesistenza di tutte e quattro le proteinopatie.

Per descrivere questo fenotipo, incluse le traiettorie di cognizione globale, il team si è servito di dati sulle autopsie cerebrali condotte su 375 persone che avevano partecipato a uno studio di coorte longitudinale su base comunitaria presso lo University of Kentucky Alzheimer Disease Center.

L’età media al decesso era 86,9 anni e la maggior parte dei pazienti erano donne (61,9%) e di etnia caucasica (96,8%).

La presenza di molteplici proteinopatie era comune: il 43,2% dei partecipanti presentava due proteine mal ripiegate, il 38,1% ne aveva tre e il 12,3% quattro.

La prevalenza della demenza era massima tra gli individui nel gruppo QMP (89,1%), seguiti da quelli con tau, beta-amiloide e TDP-43 (81,7%), tau con stadiazione di Braak da V a VI e beta-amiloide (71,9%) e tau, beta-amiloide e alfa-sinucleina (61,1%).

Al contrario, tra le 45 persone con diagnosi finale di deterioramento cognitivo lieve (MCI), nessuna aveva QMP.

Il tempo medio trascorso in stato MCI era più breve nei soggetti nel gruppo QMP, suggerendo un decorso più aggressivo della malattia per questi individui.

Il punteggio medio più basso nel Mini-Mental State Examination (MMSE) è stato osservato nel gruppo QMP in generale e nel sottogruppo di individui con cognizione inizialmente normale, anche 12 anni prima del decesso.

“Queste osservazioni hanno implicazioni potenzialmente significative per la pratica clinica e la sanità pubblica, dato che le strategie per prevenire o trattare la demenza da Alzheimer potrebbero essere complicate dalla presenza non riconosciuta di molteplici neuropatologie aggiuntive”, concludono gli autori.

Fonte: JAMA Neurology
Staff Reuters
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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