Antipsicotici ad anziani, numero prescrizioni cresce con età

Anziana depressaMolti antipsicotici prescritti ad anziani e più cresce l’età, maggiore è il numero di queste prescrizioni; per di più in oltre tre casi su quattro la prescrizione non fa seguito a una diagnosi di disturbo mentale, e anche quando questo e’ il caso, si tratta nella metà dei casi di una demenza. È quanto rilevato da un’indagine condotta da Mark Olfson della Columbia University i cui risultati sono apparsi sul Journal of Clinical Psychiatry.    “Il problema esiste anche in Italia – spiega Ferdinando Pellegrino, psichiatra della Asl di Salerno – il fatto è che questi farmaci sono prescritti soprattutto a pazienti con Parkinson o con demenza (Alzheimer e altre forme di demenza) per trattare alterazioni comportamentali o per delirio o allucinazioni o stati di agitazione psicomotoria (complicanze tipiche di queste malattie). Bisogna agire con molta cautela su pazienti di questo tipo – precisa lo psichiatra – già di per se’ fragili e che, per di più, data l’età prendono molti altri farmaci (da antipertensivi a pompe protoniche etc) che possono dare effetti collaterali non da  ultime anche proprio delle problematiche di tipo psichiatrico”.    La ricerca Usa ha analizzato le prescrizioni per antipsicotici dal 2006 al 2010 e visto che tra gli anziani che hanno usato questi farmaci, circa la meta’ li ha presi per un numero eccessivo di giorni l’anno (oltre 120 gg) e che in oltre tre casi su tre il motivo della prescrizione non e’ un disturbo di tipo psichiatrico, con rischio dunque di inappropriatezza. Inoltre è emerso che le prescrizioni raddoppiano nella fascia di eta’ 80-84 anni rispetto ad anziani di 65-69 anni. In questo ambito prescrittivo, spiega Pellegrino, conta molto l’abilità del clinico nel fare diagnosi precisa e poi in rapporto al sintomo scegliere il farmaco e fare un monitoraggio costante dell’efficacia delle terapie, anche perche’ la risposta negli anziani può essere anche paraddossa (ovvero accentuare il problema invece che risolverlo)”.   “Il problema di inappropriatezza prescrittiva – aggiunge Pellegrino – è soprattutto legata alle politerapie e quindi va attuata un’attenta politica di de-prescrizione (deprescribing), volta a rendere le prescrizioni più appropriate, riducendo il numero dei farmaci non fondamentali, e comunque a curare il paziente con il minor numero di farmaci possibile”.   

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