Gli antibiotici non dovrebbero essere efficaci contro i virus, ma alcuni dati raccolti sui ratti suggeriscono che essi potrebbero aiutare a combattere il norovirus, un virus gastrointestinale altamente contagioso. E’ stato anche dimostrato che una molecola del sistema immunitario di recente identificazione potrebbe curare le infezioni persistenti da norovirus anche nei ratti con sistemi immunitari parzialmente disabilitati. I focolai da norovirus sono famigeratamente difficili da contenere, e possono diffondersi rapidamente in ambienti come navi da crociera, scuole, case di cura ed altri spazi chiusi. Nei ratti pretrattati con antibiotici, il virus può giungere sino all’intestino, ma non può stabilirvi un’infezione persistente, in quanto esso necessita di un partner batterico con cui ha una vera e propria relazione simbiotica per poterlo fare, ed eradicare questo partner batterico con un antibiotico può quindi prevenire le infezioni persistenti. Nessuno studio ha dimostrato che animali o insetti possano trasportare e diffondere il norovirus, e quindi si sospetta che le fonti dei focolai infettivi siano persone che presentano infezioni da norovirus persistenti ma non hanno sintomi come mal di stomaco, nausea, diarrea o vomito. Il trattamento con interferone lambda inoltre offre un ulteriore e significativo vantaggio: non soltanto esso previene l’insorgenza di infezioni da norovirus persistenti, ma elimina anche quelle già radicate. Si tratta di un concetto innovativo in immunologia, dato che in precedenza era opinione comune che l’interferone ed altre molecole correlate potessero soltanto contenere le infezioni virali sino all’intervento da parte di altri elementi quali anticorpi e linfociti T. E’ stato speculato che anche altri virus e batteri potrebbero formare relazioni simbiotiche nell’uomo, ed è pertanto necessaria una comprensione molto più dettagliata del modo in cui i trattamenti antibiotici influenzino il legame fra ospite, batteri e virus. (Science online 2014, pubblicato il 15/12)
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