Marte: pianeta dalla formazione lenta. Quasi 20 mln di anni

Ipotesi temporalmente sbagliata sulla formazione di Marte. Il Pianeta Rosso avrebbe impiegato quasi 20 milioni di anni ad assume l’aspetto che conosciamo oggi e non 2-4 milioni di anni, come ipotizzato finora in base alla composizione chimica dei suoi meteoriti caduti sulla Terra. A suggerirlo è una simulazione che riproduce le grandi collisioni con cui diversi protopianeti avrebbero colpito Marte da giovane, sconvolgendone il mantello.

I risultati, preziosi per ricostruire la storia del Pianeta Rosso, sono pubblicati sulla rivista Science Advances dal gruppo di ricerca dell’italiano Simone Marchi presso il Southwest Research Institute, negli Stati Uniti. “Il nostro lavoro mostra che l’evoluzione primordiale di Marte fu drasticamente influenzata da grandi collisioni”, spiega Marchi. “Stimiamo che il pianeta fu colpito da uno a tre impatti con ‘asteroidi giganti’ della dimensione di 1.000-2.000 chilometri di diametro”.

Questi ‘proiettili’ cosmici avrebbero raggiunto Marte dopo che il suo nucleo si era giĂ  formato, apportando del nuovo materiale: la contaminazione non uniforme e il rimescolamento dovuto agli impatti avrebbe determinato una composizione variegata del mantello di Marte, proprio come in una torta marmorizzata. Questo è evidenziato anche dalla composizione chimica delle meteoriti marziane (sono quasi 200 quelle cadute sulla Terra). Proprio l’analisi dei loro isotopi aveva portato a ipotizzare in passato che il Pianeta rosso si fosse formato velocemente, nel giro di 2-4 milioni di anni dalla nascita del Sistema solare.

In realtĂ  proprio le collisioni avrebbero potuto alterare la distribuzione degli elementi, confondendo il quadro della situazione. “Il nostro lavoro mostra che Marte avrebbe potuto formarsi su un periodo molto piĂą lungo, sino a 20 milioni di anni”, precisa Marchi. “Questo risultato ha implicazioni importanti per quanto riguarda le teorie sulla formazione del Pianeta rosso, la presenza di un’atmosfera primordiale e il contenuto di acqua”. Per capire la vera natura di Marte “diventa cruciale avere accesso a piĂą rocce marziane”, afferma Marchi. “Le missioni future prevedono di portare sulla Terra nuovi campioni: questo ci permetterĂ  di studiare questa variabilitĂ  con grande dettaglio, incluso il ruolo delle grandi collisioni agli albori del Sistema solare”.

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