
Prevedere l’evoluzione dell’ictus consente una migliore selezione dei pazienti che hanno realmente bisogno di un trasferimento in centri capaci di eseguire la trombectomia limitando i trasferimenti inutili. La gravità clinica dell’ictus è legata soprattutto alla progressione dell’infarto cerebrale ma anche ad altri fattori poco conosciuti.
Lo studio
Schwamm e colleghi hanno cercato di determinare i fattori associati all’evoluzione concentrandosi specificamente sul flusso sanguigno nelle leptomeningi. Hanno analizzato in modo retrospettivo i dati relativi a 316 pazienti colpiti da ictus cerebrale con sindrome del circolo anteriore. In modelli multivariati, la gravità clinica dell’ictus (valutata presso l’ospedale di riferimento) e l’insufficiente flusso sanguigno collaterale (verificato con CTA presso il centro capace ad eseguire la trombectomia) hanno predetto in modo indipendente la progressione dell’infarto cerebrale. Nelle analisi aggiuntive, l’età avanzata, l’occlusione vascolare prossimale e la presenza di uno scarso flusso sanguigno collaterale sono stati significativamente associati con la progressione dell’infarto, mentre lo stesso non è accaduto per l’intervallo di tempo trascorso tra la valutazione dell’ospedale di riferimento e l’imaging ottenuto presso la stroke unit specializzata.”Attualmente la CTA richiede tempo e le immagini sono di qualità variabile”, afferma Schwamm. “Si perde inutilmente tempo tra il ricovero nel primo ospedale di riferimento e il successivo trasferimento presso il centro specializzato. Ritengo che il ricovero dei pazienti nei primary stroke center sia la cosa migliore per tre motivi: la tPA per via endovenosa può essere avviata velocemente, la CTA può essere eseguita rapidamente e in modo uniforme e, infine, non si perde tempo nel portare il paziente presso il primo ospedale di riferimento.” L’occlusione dei grandi vasi si verifica in meno del 20% degli ictus, ma fa la parte del leone nel causare disabilità e morte”, aggiunge lo studioso.
I commenti
Le evidenza emerse dai trial DAWN e DEFUSE3 orientano il medico verso una rapida esecuzione degli screening sui pazienti, entro 24 ore dalla comparsa dei sintomi. Ma si verificano molti falsi positivi e c’è bisogno di immagini che indichino chiaramente la procedura terapeutica migliore da seguire. “Il ruolo fondamentale giocato dal circolo collaterale nel mantenimento in vita dei tessuti colpiti da ictus è ben noto- dice Bruce CV Campbell dell’Università di Melbourne, Parkville, Victoria, Australia, autore di un editoriale di accompagnamento allo studio – Irisultati di questo studio mostrano chiaramente come l’89% dei pazienti con circolo collaterale insufficiente sia andato incontro a estese necrosi tissutali entro 3 ore da un imaging CT senza contrasto apparentemente buono”.
Fonte: Neurology JAMA
Will Boggs
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
