
Per il momento si trova vicino al bordo del disco del Sole, ”ma tra circa un paio di giorni arriverà al centro del disco e ‘punterà’ verso la Terra e a quel punto potremmo aspettarci fenomeni in grado di provocare tempeste magnetiche sul nostro pianeta”, ha detto Mauro Messerotti, dell’Osservatorio di Trieste dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), consigliere per lo spaceweather della direzione scientifica dell’Inaf, e dell’Università di Trieste.
”E’ una tipica macchia di fine ciclo del Sole: è molto complessa dal punto di vista magnetico – ha aggiunto l’esperto – e si è formata a una bassa latitudine, perché quando la nostra stella si avvicina alla fase di attività minima le macchie tendono a formarsi verso l’equatore”. Considerata la sua estrema dimensione, AR2665 è stata relativamente calma finora, il 9 luglio ha generato un’eruzione osservata dal telescopio Sdo. La nube di particelle emessa dal Sole ha colpito il campo magnetico della Terra, alterando la normale diffusione delle trasmissioni radio soprattutto in Australia e Asia orientale.
Fenomeni come questi, secondo Messerotti ”non devono stupire in prossimità del minimo solare”, ossia il picco di attività minima che il Sole attraversa ogni 11 anni e che è atteso per il 2018-2019, perché ”macchie molto grandi di questo tipo, associate a forti eruzioni e tempeste magnetiche sono state osservate anche in passato nella fase di declino dell’attività solare”.
