
Lo studio
Nello studio attuale, invece, Sukhodolsky e colleghi hanno considerato i due trials per identificare fattori modificanti o predittivi della risposta alla terapia comportamentale. Su 177 uomini e 71 donne, circa il 30% era in cura per i tic. La risposta alla CBIT era indipendente dall’assunzione di farmaci mentre per la PST i miglioramenti si avevano solo quando il malato prendeva anche i farmaci. Il grado di severità dei tic e le aspettative positive riguardo al trattamento facevano predire un più evidente miglioramento tra pazienti di entrambi i gruppi di trattamento. Mentre i disturbi d’ansia e la gravità dei segni premonitori erano associati a un inferiore grado di miglioramento. “C’è una speranza che questo trattamento possa essere utile in un ampio numero di individui con la sindrome di Tourette – sottolinea Sukhodolsky -. La frequenza e la forza dei tic potrebbero essere ridotte in modo significativo, e anche negli individui con tic gravi, che presumibilmente continueranno ad averli, si vedrà la differenza”. Il trattamento di questo disturbo dovrebbe includere un’attenta valutazione dei tic e dei disturbi concomitanti, oltre che l’educazione dei pazienti, o dei parenti nel caso di malati pediatrici, sui tic. Così CBIT potrebbe essere la terapia di prima linea e qualora non fosse sufficiente, o non aiutasse abbastanza, allora potrebbero essere presi in considerazione i farmaci.
Fonte: Reuters Health
Anne Harding
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
