
Lo studio
Anna Cox e il suo team hanno condotto una revisione sistematica e una sintesi tematica di 22 studi qualitativi di adulti sopravvissuti a un cancro inseriti in un programma di telemedicina e hanno individuato tre aree tematiche: come la telemedicina abbia influito sulle vite dei pazienti in termini logistico-psicologici, le qualità delle cure personalizzate prestate a distanza e il livello di rassicurazione ricevuto. I pazienti percepivano che la telemedicina li aiutava a limitare lo sconvolgimento delle loro vite permettendo loro di evitare di recarsi in ospedal. Inoltre hanno riferito di sentirsi più indipendenti e sicuri nel prendersi cura di sé stessi. Inoltre, la consulenza in remoto permetteva loro di interagire con i medici in un luogo confortevole, si sentivano meno vulnerabili e percepivano una “lontananza” dagli ospedali e dalla malattia. A ciò va aggiunto che la possibilità di accedere a consulenze in remoto li dotava di una rete di sicurezza che li faceva stare tranquilli anche se non avevano la necessità di ricorrervi. “Alcuni pazienti affetti da cancro, tuttaviam possono considerare la telemedicina come un dispendio di tempo o un ulteriore peso”, aggiunge Anna Cox. “Si tratta di un punto importante da considerare quando si sviluppano interventi in telemedicina, per ben bilanciare il beneficio per il paziente ee evitare il possibile burden. Il coinvolgimento dei pazienti nel delineare gli interventi potrebbe essere un modo per assicurare il mantenimento di questo equilibrio”.
Fonte: Journal of Medical Internet Research 2017
Anne Harding
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
