
Lo studio
Gli esperti Usa hanno inizialmente coinvolto 293 individui studiandone il cervello con tecniche di imaging (come la PET). Hanno ‘misurato’ per ciascuno i livelli di stress e osservato che in corrispondenza di elevato stato di stress l’amigdala è più reattiva, funziona a regime aumentato. Poi i ricercatori hanno studiato milza e midollo osseo e visto che negli individui con elevati livelli di stress ed elevata attivazione dell’amigdala, anche milza e midollo risultano iperattivi, con conseguente iper-produzione di cellule immunitarie (globuli bianchi) ed eccessivi processi infiammatori a danno delle pareti delle arterie. Ciò pesa sulla salute dei vasi aumentando il rischio di formazione di placche aterosclerotiche.
Non a caso, dopo un periodo di monitoraggio dell’intero campione della durata media di quasi 4 anni, è emerso che i soggetti più stressati e con amigdala più attiva sviluppano
malattie cardiovascolari con maggiore frequenza. Gli esperti hanno ripetuto lo studio su 13 soggetti con disturbo da stress post-traumatico (una condizione che segue a un forte trauma) e visto che questi avevano amigdala e sistema immunitario più attivi, maggiore infiammazione dei vasi e maggior rischio di malattie cardiovascolari (infarto e ictus). La scoperta suggerisce che lo stress cronico dovrebbe essere trattato alla stregua di altri fattori di rischio noti per il cuore, come fumo e pressione alta.
