
Il team, guidato da Francesco Paolo Schena, emerito dell’Università di Bari, ha dimostrato che la diminuita presenza di 3 mRNA esosomiali nelle urine riesce a discriminare i pazienti con carcinoma del rene a cellule chiare dalle persone sane. Un test semplice che potrà entrare nella pratica clinica come screening a livello di sanità pubblica, perché è semplice da effettuare e ha costi limitati.
“Sembra che la secrezione delle microvescicole urinarie sia un caratteristico aspetto di un tumore – spiega Francesco Paolo Schena – Abbiamo pensato allora di studiare gli mRNA esosomiali (che sono frammenti di materiale genetico) per la diagnosi precoce, analizzando la loro presenza nelle urine di 46 pazienti con carcinoma renale, arruolati nel progetto CAROMICS. Così abbiamo scoperto che gli mRNA esosomiali che si riducono in presenza del tumore migliorano dopo il trattamento chirurgico. Pertanto una recidiva della neoplasia viene espressa con una riduzione dei frammenti di materiale genetico”.

“Va sottolineato – continua Michele Battaglia, ordinario di Urologia presso l’UniversitĂ di Bari e direttore dell’UOC di Urologia Universitaria 1a della AOU Policlinico Consorziale di Bari – che il carcinoma del rene spesso resta clinicamente silente per la maggior parte del suo corso. Nel 30% dei casi, infatti, il riscontro è occasionale. La presenza di sintomi è spesso indicatore di malattia avanzata. Nel 30% circa dei casi si presenta giĂ in fase metastatica e nel 25% circa dei casi si presenta in fase localmente avanzato”. Questi risultati – conclude Battaglia – possono portare al possibile utilizzo della “firma molecolare” nella diagnosi precoce del carcinoma renale a cellule chiare”.
Il titolo originale del lavoro è “The three-gene signature in urinary extracellular vesicles from patients with clear cell renal cell carcinoma” e gli autori sono Giuseppe De Palma, Fabio Sallustio, Claudia Curci, Vanessa Galleggiante, Monica Rutigliano, Grazia Serino, Pasquale Ditonno, Michele Battaglia, Francesco Paolo Schena.
