
Lo studio
Per il nuovo studio, i ricercatori guidati da Peter Green, direttore del Celiac Disease Center della Columbia University di New York City hanno analizzato e confrontato il sangue di 80 persone che avevano riferito disturbi di sensibilità al grano, 40 persone affette da celiachia e 40 persone sane, senza disturbi simili. Come è noto, nella malattia celiaca il consumo di glutine innesca una risposta autoimmune che danneggia l’intestino tenue. Ebbene, nei pazienti con sensibilità al grano i ricercatori non hanno potuto evidenziare gli stessi danni intestinali, e i pazienti non mostravano lo stesso modello di anticorpi nel sangue che sono caratteristici di celiachia; tuttavia vi era la presenza di molte reazioni immunitarie. Ovvero queste persone mostravano le prove di una risposta immunitaria sistemica, che i ricercatori non hanno visto nelle persone con malattia celiaca.
Le conclusioni
Queste evidenze, secondo i ricercatori, suggeriscono che vi sono dei segni identificabili e misurabili nelle persone con sensibilità al grano non celiaca, e il passo successivo è quello di ottenere una migliore comprensione di ciò che sta accadendo nell’intestino di queste persone. Inoltre, i risultati dovrebbero essere confermati in pazienti statunitensi, dal momento che la maggior parte dei campioni di sangue utilizzati per questo studio provenivano dall’Italia. I ricercatori concludono auspicando che vi sia la possibilità di confermare queste prime osservazioni su campioni più ampi e di realizzare un test ad hoc per meglio definire la sensibilità al grano non celiaca e per poter sviluppare le cure adatte.
Andrew M. Seaman
Fonte: Gut 2016
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
