
L’analisi a livello cerebrale è stata svolta con un’elettroencefalografia e i risultati hanno evidenziato che coloro che hanno ascoltato il pianto erano più lenti, prestavano meno attenzione e sperimentavano maggiormente un ‘conflitto’ cognitivo nel cervello, rispetto a quelli che avevano ascoltato una risata. Da questo possono nascere però anche degli ‘anticorpi’ per gestire situazioni difficili. “Il pianto del bimbo può insegnare ai genitori come concentrare l’attenzione in modo più selettivo”, spiega David Haley, dell’Università di Toronto,coautore dello studio – è questa flessibilità cognitiva che permette di passare rapidamente dal rispondere alle difficoltà del bambino ad altre richieste, che,paradossalmente, possono significare ignorarlo momentaneamente”.
