
Dall’arte alla medicina
Lo studio, pubblicato sul Journal of the Royal Society of Medicine, ha preso in esame le mani di Michelangelo così come sono state dipinte in tre ritratti dell’artista: quello realizzato da Jacopino del Conte nel 1535, quello di Daniele da Volterra datato 1544 (probabilmente una copia dell’opera di Del Conte) e il ritratto postumo fatto da Pompeo Caccini nel 1595. Tutte e tre le opere mostrano un Michelangelo sessantenne, con le articolazioni della mano sinistra deformate e tumefatte. “Dalla letteratura emerge chiaramente che Michelangelo aveva problemi articolari”, spiega Lazzeri, citando anche la lettera del 1552 in cui il maestro rinascimentale si lamentava col nipote Leonardo dei dolori che provava scrivendo.
“In passato si era ipotizzato che ciò fosse riconducibile alla gotta, ma la nostra analisi dimostra che questa teoria va scartata”, aggiunge Lazzeri. Dalle immagini non emergono segni di infiammazione articolare né di tofi, i tipici accumuli di cristalli di acido urico che possono depositarsi sotto pelle nei pazienti con gotta. “La diagnosi di artrosi offre una spiegazione plausibile per la perdita di destrezza che Michelangelo ha manifestato in tarda età – prosegue l’esperto – e fa addirittura risaltare il suo trionfo sull’infermità, dal momento che l’artista ha continuato a lavorare fino alla fine dei suoi giorni. Proprio il lavoro continuo e intenso potrebbe averlo aiutato a mantenere l’uso delle mani il più a lungo possibile”.
