
Lo studio
Per riconoscere quale sia la sottile linea rossa tra coscienza e incoscienza i ricercatori hanno creato delle mappe dell’attività dei neuroni in 12 persone usando la tecnica della risonanza magnetica funzionale (fMri). Le reti neurali sono state monitorate durante la fase di coscienza, durante e dopo la somministrazione di un anestetico usato in chirurgia per indurre l’incoscienza. Durante la fase di veglia i dati mostrano “una continua raffica di attività in evoluzione”, ha spiegato Tagliazucchi, dovuta all’elaborazione dei dati provenienti dall’ambiente esterno, una sorta di ‘flusso di coscienza’.
Poco dopo la somministrazione del farmaco il numero di connessioni delle reti neurali si sono ridotte sempre più, mostrando meno variabilità, come se il cervello fosse bloccato in dei ‘solchi’ ripetendo sempre gli stessi percorsi. I risultati suggeriscono che esista nel cervello un livello ‘ottimale’ di connessioni e che lo stato di coscienza possa essere immaginato come il risultato dell’esplorazione del maggior numero possibile di percorsi. Queste reti non devono però essere troppo uniformi ne attive allo stesso modo (altrimenti sarebbe tutto troppo omogeneo) ma piuttosto un ‘caos controllato’, quello che viene definito un punto critico.

La ricerca merita il massimo rispetto ma anche la lingua italiana ne merita un po’ di più.
“ne ” merita.. “ne” merita……