
Come si legge su Current Biology, parte di ciò che ci rende umani è saper distinguere gli schemi dei discorsi fatti di consonanti e vocali. Una capacitĂ superiore rispetto a quella di saper identificare un suono prodotto da un maschio o una femmina, dalla nostra specie o un’altra. Da tempo si sa dove elaboriamo queste informazioni nel cervello, ma c’è una sola parte del cervello che i ricercatori ritengono non abbia a che fare con la comunicazione umana. E proprio da qui entrano in gioco le urla. Per capire meglio, i ricercatori hanno utilizzato le urla di registrazioni dei video di Youtube, di film popolari e di volontari. Dopo di che, hanno lavorato le onde sonore in modo da riflettere l’accensione dei neuroni uditivi: in questo modo hanno rilevato che le grida attivano una serie di informazioni acustiche che finora non erano state considerate importanti per la comunicazione.
”Le grida di paura occupano un’area riservata dello spettro uditivo – commenta Poeppel – ma noi volevamo analizzare un intero gruppo di suoni per verificare che questa zona fosse unica per la paura”. Cosa che è effettivamente stata confermata da una serie di esperimenti, quando si sono messe a confronto le urla con le canzoni e i discorsi, anche in diverse lingue. L’unica eccezione sono i segnali d’allarme, come gli antifurti di case e auto. Grida e allarmi hanno in comune una proprietĂ Â chiamata asprezza o ruviditĂ , cioè quanto velocemente aumenta il rumore del suono. I discorsi normali hanno poche differenze di rumorositĂ (dai 4 a 5 Hertz), mentre le grida di paura possono variare molto velocemente (dai 30 a 150 Hertz).
