
Il problema è indicato nelle recenti linee guida dell’Associazione di Oncologia Medica (Aiom) e dalla Società di Osteoporosi (Siommms). Anche l’AIFA ha riconosciuto che il rischio di frattura in questi casi è talmente alto da giustificare la rimborsabilità dei farmaci per la fragilità ossea sin dall’inizio della terapia antitumorale senza la necessità di esami specifici. Nonostante questo, non solo il 43% non inizia un trattamento di prevenzione ma, secondo i dati Onda la percentuale sale fino al 76% tra le donne più giovani che, invece, necessiterebbero di più attenzione proprio per l’impatto potenzialmente maggiore delle fratture in termini sociali e di salute.
“Abbiamo constatato che le donne italiane sono informate sulle conseguenze che la terapia adiuvante ormonale può provocare sulle loro ossa – afferma Francesca Merzagora, Presidente di Onda – soprattutto grazie al ruolo proattivo dell’oncologo. interessante sottolineare però che, mentre la maggior parte del campione over 50 assume farmaci per la salute delle ossa, tra le più giovani, 4 donne su 5 non hanno mai assunto una terapia specifica. Tra le donne che non hanno ricevuto diagnosi di osteoporosi, 3 su 5 non assumono alcuna terapia per prevenirla. Inoltre, ben il 60% delle donne intervistate, di età inferiore ai 50 anni, dichiara di non aver mai effettuato esami per controllare la salute delle ossa (MOC/ultrasonografia) dopo l’inizio della terapia ormonale. E proprio da questi dati emerge che le direttive indicate nelle recenti Linee Guida non vengono ancora applicate”.
