Svelati i misteri della serendipità

shutterstock_178656038Sapere cosa c’è alla base delle scoperte fatte per caso ora si può. Un gruppo di ricercatori italiani dell’Università Sapienza di Roma, coordinato da Fabrizio Doricchi, è riuscito ad individuare quali sono i meccanismi neurali e cognitivi alla base delle scoperte di tipo ”serendipico”, cioè fatte in modo incidentale, magari mentre si stava cercando qualcosa di completamente diverso.

Pubblicata sulla rivista Cortex, la ricerca spiega che, studiando i potenziali elettrici cerebrali, si è riusciti a dimostrare come la capacità di elaborare coscientemente degli stimoli visivi aumenta in modo significativo, quando l’osservazione attiva del mondo esterno non viene guidata da aspettative probabilistiche e temporali rigidamente definite. Il cervello quindi è come se potenziasse il livello di coscienza, amplificando e prolungando, nella corteccia visiva secondaria, la durata delle fasi di immagazzinamento e di elaborazione delle tracce degli stimoli visivi, che precedono l’elaborazione cosciente.

”La serendipità sembra quindi prodursi – spiega Doricchi – quando l’attenzione di un osservatore attivo non è strettamente focalizzata su ciò che, in base all’esperienza passata, ci si aspetta di osservare in futuro”. Questi risultati forniscono quindi la prima descrizione dei meccanismi neurali e cognitivi che sono alla origine delle scoperte di tipo ”serendipico”. Tra i primi a usare il termine serendipità è il fisiologo Walter Bradford Cannon, che la definì come ”la facoltà di trovare le prove a sostegno di un’ipotesi in modo del tutto inaspettato, o la capacità di scoprire nuovi fenomeni o relazioni tra fenomeni diversi, senza avere avuto l’esplicita intenzione di scoprirli”.

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