
Come riportato su Cancer Cell, gli studiosi si sono concentrati su un gruppo di farmaci, i tassani, usati per trattare diversi tumori, tra cui quello del seno e dell’ovaio, cercando di capire come funzionano. Analizzando la crescita delle cellule cancerose in laboratorio, hanno potuto dimostrare come questi farmaci abbiano indotto le cellule tumorali a uccidere se stesse. Allo stesso tempo hanno anche scoperto una differenza chiave tra i tumori che rispondono ai farmaci, e quelli invece resistenti: nelle cellule resistenti alla terapia ci sono infatti alti livelli di Bcl-xL, i cui effetti possono essere neutralizzati dai farmaci ora in sviluppo.
”Potenzialmente – spiega Stephen Taylor, uno dei ricercatori – se combiniamo la proteina con i tassani, si possono prendere i tumori resistenti e renderli più sensibili ai farmaci. Questi nuovi inibitori, essenzialmente, ammorbidiscono le cellule tumorali, in modo che quando queste vengono trattate, è più facile che muoiano”. Secondo lo studio, i farmaci già in sviluppo possono essere in grado di opporsi all’insorgere di resistenze, rendendo la chemioterapia più efficace, anche se questo approccio non è ancora stato testato sulle persone. Per questo i ricercatori vogliono ora testare il loro approccio sull’uomo. Non manca comunque qualche timore; i rischio infatti è quelle di rendere vulnerabili alla chemio anche i tessuti sani e quindi aumentare gli effetti collaterali.
