
”Alla luce dei recenti sviluppi della scienza e dei potenziali benefici che ne possono derivare – scrivono i tre – è importante che i decisori e i cittadini riflettano sulla natura di queste restrizioni e rivalutino i loro pro e contro”. Proposta per la prima volta nel 1979 dal comitato etico del Dipartimento per la salute statunitense, la regola dei 14 giorni è stata in seguito recepita dalle linee guida della Società internazionale per la ricerca sulle staminali: è diventata legge in 12 Paesi del mondo (tra cui Canada, Gran Bretagna e Australia), mentre altri cinque Paesi (tra cui Stati Uniti, Cina e India) l’hanno recepita nelle linee guida scientifiche nazionali.
”La regola dei 14 giorni non è mai stata pensata come una linea di demarcazione che segna il momento in cui l’embrione umano acquisisce uno status morale – scrivono i tre esperti – ma piuttosto come uno strumento di politica pubblica messo a punto per ricavare uno spazio per l’indagine scientifica rispettando allo stesso tempo le diverse opinioni sulla ricerca sugli embrioni umani”. La legge fino ad oggi si è dimostrata efficace, affermano gli autori dell’articolo, anche perché i ricercatori non avevano gli strumenti e le tecnologie per infrangerla. Oggi, però, le cose sono cambiate e bisogna prenderne atto. Rivedere questa regola è legittimo, affermano Hyun, Wilkerson e Johnston, sottolineando come la revisione richieda un ampio dibattito a livello internazionale e locale che tenga conto delle necessità della ricerca scientifica così come delle preoccupazioni di tipo etico e morale. I tre esperti invitano gli stessi ricercatori a ricoprire un ruolo attivo sulla scena, per informare i cittadini e spiegare l’importanza degli studi sugli embrioni.
