
Lo studio
I ricercatori americani hanno testato la capacità del classificatore di distinguere il linguaggio degli adolescenti con recenti sintomi di psicosi dal linguaggio normale, su due coorti di pazienti: un gruppo di 59 ragazzi di età media di 17 anni e un altro di 34 giovani di età media di 22 anni. Il sistema riuscirebbe a distinguere una diminuita coerenza semantica, una maggiore variabilità in questa coerenza e un ridotto utilizzo di pronomi possessivi nei soggetti psicotici.
I risultati
Dai risultati sarebbe emerso che il classificatore sarebbe stato in grado di classificare la psicosi con un’accuratezza dell’83% nella prima coorte considerata. Applicando i dati vocali alla seconda coorte, il classificatore avrebbe discriminato i ragazzi ad alto rischio con una accuratezza complessiva del 79%. Lo strumento sarebbe stato anche in grado di discriminare il linguaggio di 16 pazienti con psicosi di recente insorgenza da quello di 21 individui sani, con una precisione del 72%.
I commenti
“Questo approccio non è ancora pronto per la pratica clinica – sottolinea Corcoran – I prossimi passi nel percorso di sviluppo di questo strumento saranno la convalida in ampi studi multicentrici, test sulla riproducibilità e l’identificazione di ulteriori fattori di variabilità, come età genere, etnia e lingua”, ha spiegato. Secondo Mary Clarke, della School of Medicine and Medical Sciences dell’University College di Dublino, in Irlanda, “a differenza di altri disturbi medici, in psichiatria non esistono esami di laboratorio o test radiologici specifici per la diagnosi. Per questo, l’analisi automatizzata del linguaggio ha un potenziale sviluppo importante”. “Questo test potrebbe essere molto utile se combinato con altri marcatori o con esami di neuroimaging”, ha concluso l’esperta.
Fonte: Worl Psychiatry
di Will Boggs
(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)
