Prevenzione sanitaria: Facebook può essere d’aiuto?

Nel Novembre 2019 abbiamo assistito al lancio, da parte di Facebook, del Preventive Health, uno strumento progettato con l’intenzione di migliorare la prevenzione sanitaria, mettendo gli utilizzatori al corrente delle linee guida delle diverse patologie e ricordando quali check-up si dovrebbero fare in base all’età e alla condizione di ogni singolo individuo. La prima lista di raccomandazioni a disposizione è incentrata su patologie cardiache, cancro e influenza e si basa sulle linee guida dell’American Cancer Society, dell’American College of Cardiology, dell’American Heart Association e dei Centers for Disease Control and Prevention. Il Preventive Health, disponibile sull’App di Facebook solo negli Stati Uniti, è poi in grado di fornire la geolocalizzazione dei servizi sanitari, come le cliniche che somministrano vaccini per l’influenza o i centri specializzati.

L’iniziativa vuole essere di supporto alle decine di milioni di persone che, secondo le stime dei Centers for Disease Control and Prevention, non beneficiano delle cure preventive raccomandate negli Stati Uniti. Si stima che proprio attraverso delle misure sanitarie preventive, come il controllo della pressione sanguigna, gli screening per il cancro, le consulenze sul consumo di tabacco e la vaccinazione, ogni anno si potrebbero salvare oltre 100.000 vite.

In questo senso l’uso dei social, con la loro capacità di persuasione e la loro quasi onnipresenza, specialmente tra i giovani, potrebbe rappresentare un’opportunità di informare la popolazione sulle raccomandazioni, e sulla prevenzione sanitaria. Ci sono però dei rischi, correlati all’uso dei dati personali degli utilizzatori, ad esempio. La Dott.ssa Raina Merchant, direttrice del Penn Social Media and Health Innovation Lab, alla University of Pennsylvania, riflette proprio sui possibili benefici e i rischi che emergono dalla diffusione di questo strumento e propone delle misure per ridurre i pericoli, in un articolo pubblicato sulla rivista JAMA.

Il Facebook Preventive Health, anche grazie alla condivisione di contenuti con la propria “rete” (gli “amici” di Facebook), potrebbe dare più visibilità alle linee guida, e aumentare la consapevolezza dell’importanza di effettuare screening periodici, “poiché, in gran parte, i cambiamenti comportamentali derivano dall’influenza che esercita su di noi la nostra rete di fiducia”, commenta Merchant. La ricercatrice aggiunge anche che non bisogna sottovalutare il fatto che, al giorno d’oggi, per molte persone, la rete sociale costruita attraverso le piattaforme dei social è molto più estesa di quella del mondo in tre dimensioni, e quindi anche “l’amico di un amico può giocare un ruolo di persuasione nella diffusione di un’informazione”.

Se l’informazione diffusa dai social è valida e corretta, essa ha dunque il potenziale di migliorare la prevenzione sanitaria. Naturalmente, però, a questo punto sorge un problema, ben noto nel mondo dei social, che è quello della diffusione delle famose fake news, deleterie nell’ambito sanitario. Merchant propone come esempio la presenza crescente di propositi contro la vaccinazione diffusi online che nel tempo potrebbe “legittimare il discorso sui danni causati dai vaccini e contribuire alla diffusione di epidemie e resistenza alle malattie che possono invece essere prevenute”.
È dunque necessario, nel momento in cui i social si interessano a questioni sanitarie, trovare dei sistemi per evitare la disinformazione.

Un’altra questione importante da valutare è la privacy: cosa può fare la piattaforma dei dati sanitari forniti dagli utilizzatori? Con chi può condividerli? Senza la massima trasparenza non si conosce infatti il rischio della condivisione di informazioni demografiche o appuntamenti medici ad esempio. Senza considerare che dalle informazioni sanitarie, combinate con altri elementi che potrebbero essere considerati di scarsa importanza, come un “mi piace” o un post, si potrebbe inferire uno stato d’animo, un profilo psicologico, addirittura si potrebbe predire una diagnosi di depressione. Occorre dunque più trasparenza sugli algoritmi usati e sulla protezione dei dati.

“Nel corso della storia, l’introduzione di nuove tecnologie nelle cure sanitarie è sempre stata vista con scetticismo”, uno scetticismo che può essere costruttivo, poiché porta a delle valutazioni prudenti, commenta la ricercatrice. E conclude che, con le dovute precauzioni, l’iniziativa dei social potrebbe favorire l’aderenza alle misure di prevenzione sanitaria se i ricercatori, gli operatori sanitari e i leader dei social media lavorano insieme e valutano, di volta in volta, l’implicazione degli utilizzatori, i benefici apportati dallo strumento e i rischi ad esso correlati.

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