
L’esperimento, che vede coinvolti anche l’Università di Tor Vergata e quella di Teramo, oltre a Nasa ed Esa, serve a capire se è possibile stimolare le staminali del sangue per farle trasformare in osteociti, precursori delle cellule ossee. Se tutto funzionerà, diventerà possibile ripristinare la corretta densità ossea umana non più grazie a una terapia o a una medicina. “Basterà – spiega Maccarrone – dare ad alcune cellule staminali ematiche degli astronauti gli stimoli giusti per trasformarsi in osteociti, prendendo il loro sangue e attivandolo perché si differenzi, per poi reimmetterlo nel loro circolo”. La microgravità verrà usata anche per studiare i processi alla base dell’osteoporosi, che in queste condizioni sono accelerati. “Se capiamo quello che succede lassù – sottolinea il docente – avremo un nuovo e importante strumento da usare a livello preventivo per le patologie proprie dell’invecchiamento. In questo esperimento spaziale, in particolare, punteremo su un ‘pacchetto’ di segnali nuovo, mai studiato da nessuno”.
