Obesità e sopravvivenza più prolungata dopo resincronizzazione cardiaca

Un nuovo studio ha osservato che dopo l’impianto di un dispositivo per resincronizzazione cardiaca, l’obesità si correlava a una sopravvivenza libera da eventi più prolungata, anche se non è chiaro il perché.

Reuters Health – Secondo un recente studio, l’obesità si associa a una sopravvivenza più prolungata dopo terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) a prescindere dai miglioramenti nella frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF).

Precedenti studi hanno rilevato una correlazione tra un minor IMC e una maggiore mortalità nei pazienti sottoposti a CRT, ma le ragioni di tale legame non sono chiare.

Nel loro studio su 206 pazienti con indice di massa corporea (IMC) normale, 297 pazienti in sovrappeso (IMC, da 25 a <35 kg/m2) e 301 pazienti obesi (IMC, 35 kg/m2 o superiore), John W. Rikard e i colleghi della Cleveland Clinic Foundation, in Ohio, hanno valutato se il vantaggio in termini di sopravvivenza associato all’obesità fosse legato al rimodellamento del ventricolo sinistro e a una migliore LVEF.

L’aumento medio della LVEF dopo impianto di CRT non ha differito significativamente tra i pazienti normopeso (8,1%), quelli in sovrappeso (8,8%) e quelli obesi (9,3%).

Anche se la risposta alla CRT, definita come un aumento di almeno sei punti percentuali della LVEF dopo CRT, era significativamente più comune nei soggetti obesi (53%) che in quelli sovrappeso (49%) o normopeso (41%), essa non era influenzata dall’IMC in un’analisi multivariata.

Durante un follow-up medio di 7,1 anni, la sopravvivenza libera da eventi era significativamente superiore nei pazienti obesi (47%) che in quelli sovrappeso (34%) e normopeso (26%).

In un’analisi multivariata, un IMC superiore prediceva indipendentemente una migliore sopravvivenza libera da eventi, segnalano i ricercatori su Circulation: Heart Failure.

“Ciò indica che l’inserimento altrimenti appropriato di CRT non dovrebbe essere evitato sulla base di un peso corporeo elevato”, osservano gli autori. “Inoltre, la risposta alla CRT da sola non giustifica completamente la sopravvivenza libera da eventi osservata in pazienti obesi. Le ragioni rimangono poco chiare”.

“Sono necessari ulteriori studi per accertare il meccanismo di tale osservazione”, aggiungono.

Gregg C. Fonarow dell’Ahmanson-UCLA Cardiomyopathy Center di Los Angeles, ha recentemente studiato il legame tra IMC e esiti della CRT in pazienti anziani con insufficienza cardiaca. Tale studio, ha proseguito, “che ha coinvolto oltre 18.000 pazienti con insufficienza cardiaca sottoposti all’impianto di dispositivi CRT-D negli USA, ha riscontrato che donne e uomini in sovrappeso o obesi in base all’indice di massa corporea avevano una migliore sopravvivenza rispetto a quelli nella categoria del peso sano”.

“I risultati del nuovo studio rafforzano ulteriormente il fatto che l’obesità non limita la risposta ai dispositivi per l’insufficienza cardiaca, come la terapia di resincronizzazione cardiaca”, ha osservato.

“Questo studio è anche in linea con il cosiddetto paradosso dell’obesità, in cui essa è un fattore di rischio per lo sviluppo di insufficienza cardiaca, ma per i pazienti con insufficienza cardiaca conclamata, di per sé non si associa a un rischio aumentato di esiti infausti”, ha affermato Fonarow.

“Servono ulteriori studi per determinare se la perdita di peso intenzionale in pazienti con insufficienza cardiaca conclamata può migliorare o magari peggiorare gli esiti”, ha concluso.

Il Dott. Rikard non ha risposto a una richiesta di commenti.

FONTE: Circulation: Heart Failure

Will Boggs MD

(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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