Scoperta una ”sveglia” nel cervello, un’area neurale che controlla il risveglio e che potrebbe avere un ruolo in molti disturbi del sonno, dall’insonnia all’ipersonnia (eccessiva sonnolenza diurna, addormentamenti improvvisi, difficoltà a svegliarsi al mattino). Lo rivela uno studio condotto su animali e pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience: quando quest’area neurale – posta vicino all’ipotalamo – si attiva, provoca un rapido risveglio, quando si disattiva fa cadere nel sonno. Benché si tratti di una ricerca ancora molto preliminare condotta su topolini, i suoi risultati potrebbero in futuro avere delle ricadute cliniche nella cura dei disturbi del sonno. Lo studio è stato condotto da Carolina Gutierrez Herrera e Antoine Adamantidis dell’Università di Berna. Gli esperti hanno usato una tecnica di ingegneria genetica (optogenetica) per controllare dall’esterno accensione e spegnimento di questa area neurale posta tra talamo e ipotalamo. Quando gli scienziati hanno attivato la ”sveglia” topolini addormentati si sono rapidamente destati e sono rimasti svegli. Quando invece la sveglia viene spenta, i topolini dormono e gradualmente passano nel sonno profondo.Gli scienziati svizzeri ipotizzano che l’iperattività di questo circuito neurale sia collegabile a molti casi di insonnia e che, viceversa, la sua ipoattivazione possa essere ricollegata a ipersonnia, ovvero un gruppo di disturbi del sonno caratterizzato da sonnolenza diurna, difficolta’ di risveglio e addormentamenti improvvisi. Il circuito potrebbe anche giocare un ruolo nella coscienza e nel risveglio dopo un’anestesia
Post correlati
-
SMA. Si allargano i criteri di rimborsabilità della prima terapia genica approvata: ora anche forme Sma2
Facebook WhatsApp LinkedInOgni anno in Italia nascono circa 40/50 bambini con atrofia muscolare... -
Tumore delle vie biliari: durvalumab, più chemioterapia, raddoppia tasso di sopravvivenza globale
Facebook WhatsApp LinkedIn I risultati esplorativi dello studio di Fase III TOPAZ-1... -
Meningite neonatale: nel 50% dei casi responsabili due tipi di E. coli
Facebook WhatsApp LinkedIn Uno studio condotto da un team dell’Università del Queensland,...