Microbioma orale per la diagnosi di COVID-19

(Reuters Health) – I marker microbici orali rappresentano un possibile strumento diagnostico per COVID-19. Come riportato dallo studio pubblicato da Gut, Lanjuan Li e colleghi, della Zhengzhou University in Cina, hanno sequenziato 392 campioni del rivestimento della lingua, 172 campioni fecali e 155 campioni sierici di soggetti provenienti da Cina centrale e orientale.

I ricercatori hanno caratterizzato il microbioma e le molecole lipidiche, poi hanno sviluppato classificatori microbici in una coorte e ne hanno verificato il potenziale diagnostico in 74 pazienti conclamati provenienti dalla Cina dell’est e in 37 pazienti sospetti con positività alle IgG. La varietà del microbioma orale e fecale era significativamente ridotta nei pazienti conclamati rispetto ai controlli.

Nello specifico, i batteri che producono acido butirrico erano presenti in numero minore e i batteri producenti lipopolisaccaridi erano presenti in misura maggiore nella cavità orale nei pazienti conclamati.
I classificatori, sulla base di otto marcatori orali ottimali e sette marcatori microbici fecali, hanno raggiunto l’87% di efficacia diagnostica nella coorte trasversale. Inoltre, sono riusciti a diagnosticare pazienti sospetti con positività agli anticorpi IgG così come i pazienti conclamati, e in questo caso, l’efficacia diagnostica ha raggiunto il 92% (98% del microbioma fecale).

A ciò va aggiunto che 47 molecole lipidiche, tra cui sfingomielina (d40:4), sfingomielina (d38:5) e monogliceride (33:5), erano ridotte e 122 molecole lipidiche, tra cui fosfatidilcolina (36:4p), fosfatidiletanolammina (16:0p/20:5) e digliceride (20:1/18:2), erano arricchite nei pazienti guariti rispetto a quelli non guariti.

“Questo studio è il primo a caratterizzare il microbioma orale nel COVID-19 e i microbiomi orali e le alterazioni lipidiche nei pazienti guariti, a indagare le loro correlazioni e a segnalare la riuscita creazione e validazione di un modello diagnostico per il COVID-19” , concludono i ricercatori cinesi.

Fonte: Gut
Marilynn Larkin
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

 

 

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