Medicina di genere: uomini e donne reagiscono in modo diverso alle malattie

Le differenza di genere sono diventate ormai un punto fondamentale su cui si basano molti studi e a ragione. Per esempio, le malattie cardiovascolari sono causa di morte per il 55% delle donne contro il 43% degli uomini, la depressione colpisce le donne in proporzione 2 a 1 rispetto agli uomini e stress e depressione sono fattori di rischio ’emergenti’ specifici della donna per le malattie cardiovascolari. A portare l’attenzione su questo importante aspetto della medicina moderna è il il 1° Congresso nazionale ‘La salute della donna’, organizzato dall’Osservatorio sulla salute della donna (ONDA)

Donne e uomini sono diversi
Lo psichiatra Claudio Mencacci, Presidente del Comitato Tecnico Scientifico di Onda fa notare infatti che sono stati identificati almeno 6500 geni ‘accesi’ in modo diverso nei cervelli di uomo e donna, quindi circa 1/4 su un totale di 24 mila, come indica uno studio pubblicato sulla rivista BMC Medicine dell’Istituto Weizmann di Israele. Mencacci ha poi citato un altro studio pubblicato giorni fa sull’European Journal of Preventive Cardiology (EAPC) che rileva come pazienti ricoverati per infarto acuto manifestano sintomi di ansia o depressione in misura del 22,1% gli uomini e 39,4% donne. Ma nonostante la prescrizione di una terapia specifica, dopo la dimissione solo il 2,4% di essi la continua.

Inoltre, “donne e uomini sono diversi anche davanti alle patologie più comuni, e dovrebbero ricevere diagnosi e terapie diverse – ha sottolineato la cardiologa Maria Penco (Università dell’Aquila) – Ma nelle sperimentazioni dei farmaci per il cuore, il numero delle donne coinvolte non supera mai il 30-35% e questo non può non incidere sui risultati”.

Uno studio americano pubblicato a luglio sul Journal of Alzheimer Disease, mostra come il flusso sanguigno cerebrale sia diverso negli uomini e nelle donne: “nei primi la perfusione prevalente è nell’emicervelletto destro, nelle donne è nelle aree entorinali-ippocampali”, ha sottolineato Vincenzo Silani, neurologo dell’IRCCS Istituto Auxologico di Milano. Silani si è limitato a riferire il dato, ma si sa che l’ippocampo è la prima struttura a degradarsi nel deterioramento cognitivo lieve e nella malattia di Alzheimer. E da un altro studio dell’University of South California, risulta che le donne sarebbero più predisposte a sviluppare la patologia rispetto agli uomini, in particolare tra i 65 e i 75 anni di età.

 

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