Mastectomia profilattica, sì o no? Conta molto il parere del chirurgo

(Reuters Health) – Il parere del chirurgo ha un peso determinante nella scelta della donna con tumore al seno che deve decidere se sottoporsi o meno a mastectomia profilattica controlaterale (CPM). L’evidenza arriva da uno studio che ha coinvolto oltre 3 mila donne e 349 chirurghi negli USA.
Lo studio
Steven Katz e colleghi, della University of Michigan di Ann Arbor, hanno studiato le risposte fornite da 3.353 donne (età media 62 anni) che avevano ricevuto una diagnosi di cancro al seno allo stadio iniziale. Il 16% del campione si era sottoposto a una CPM. I ricercatori hanno inoltre raccolto le voci di 349 dei chirurghi che avevano operato le pazienti, per sondarne la posizione nei confronti della CPM, della chirurgia conservativa del seno o della mastectomia unilaterale, giacché le linee guida USA generalmente sconsigliano la CPM perché non migliora la sopravvivenza – eccetto forse in donne con determinate mutazioni genetiche – e aumenta il rischio di complicazioni chirurgiche. Ai chirurghi è stato presentato un caso ipotetico – una donna con una normale mammografia di controllo, nessuna storia alle spalle di tumore al seno e una piccola massa in uno dei seni scoperta tramite ecografia – ed è stato chiesto quale trattamento avrebbero consigliato e se avrebbero eseguito una CPM, se richiesta della paziente. Nel campione dei chirurghi che preferivano decisamente una chirurgia conservativa ed erano molto riluttanti a una CPM, solo il 4% delle loro pazienti sono state sottoposte a tale intervento. Al contrario, il 34% delle donne i cui chirurghi erano più propensi a eseguire una CPM hanno ricevuto questo tipo di mastectomia.
“Sia pazienti che medici hanno propensioni ben radicate quando discutono delle opzioni di terapia chirurgica per il cancro al seno”, dice Julie Margenthaler della University of Washington School of Medicine di St. Louis, coautrice di un editoriale pubblicato con lo studio.“Le linee guida sostengono con forza che la CMP dovrebbe essere sconsigliata alle pazienti a medio rischio, ma è tempo di andare oltre tali dichiarazioni e creare strumenti di comunicazione che guidino chirurgo e paziente attraverso una graduale discussione informata. L’obiettivo è standardizzare i metodi e le informazioni che le pazienti ricevono, per assicurarsi che le loro decisioni si basino sui fatti, non sulla paura”.

Fonte: JAMA Surgery 2017
Marilynn Larkin
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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