La salute mentale si cura anche con le App. Quali sono i rischi e i vantaggi?

La tecnologia è sempre più padrona delle nostre vita e anche quando si tratta di salute, l’hi-tech la fa da padrone. In questo caso lo chiamano ‘E-mental health’ ed è un fenomeno che indica, in pratica, un vero e proprio boom del web per la salute mentale. Si conta infatti che siano arrivate a tremila sono le app scaricabili che rendono più facile seguire i pazienti con l’assistenza ‘virtuale’. Ad evidenziare il nuovo trend, mettendone in luce i vantaggi ma anche i limiti, sono gli specialisti riuniti a Firenze per il 25/mo Congresso della Associazione europea di psichiatria (Epa).

Nell’era della tecnologia digitale evoluta, dunque, anche la cura dei disturbi psichici si fa sempre più ‘virtuale’ ed i pazienti possono in alcuni casi essere gestiti ‘in remoto’. Le stime attestano che il 6% delle app degli store è dedicato alla salute mentale. Ed è vastissima la gamma di servizi sanitari, con oltre 3 mila offerte ‘scaricabili’: le app offrono, ad esempio, informazioni sulle specifiche patologie, ricercate via internet e via cellulare nel 31% dei casi (con una percentuale più che raddoppiata rispetto al 2010); metodi per la gestione delle terapie; psicoterapia e programmazione di visite di controllo on-line.

Un trend in continua ascesa, con un’ulteriore crescita stimata del 50% entro il 2020. Una gestione “virtuale del paziente, cioè attraverso i dispositivi elettronici – afferma la presidente Epa, Silvana Galderisi – permette di raggiungere e trattare un maggior numero di persone, specie coloro che temendo l’etichetta di ‘malato mentale’, e l’emarginazione dalla società, sono restii a varcare la soglia di un servizio di salute mentale. Al coinvolgimento del paziente, si aggiunge anche il vantaggio di un migliore rapporto costi/benefici con una riduzione dei costi della assistenza sanitaria”.

Ma ci sono anche dei ‘pericoli’, tra cui il possibile mancato rispetto della privacy e la natura ‘distaccata’ del rapporto medico-paziente. Nel primo caso, rileva il presidente della Società Italiana di Psichiatria Claudio Mencacci, “si avverte la necessità di una legislazione adeguata e specifica che garantisca la privacy del paziente. Inoltre, un altro limite è la perdita di empatia nella relazione medico-paziente, dove l’informalità del rapporto digitale può più facilmente esporre persone vulnerabili alle conseguenze di condotte poco etiche da parte di medici poco professionali”. Aspetti che meritano una valutazione più approfondita, fermo restando, affermano gli psichiatri, che varie e-terapie per la salute mentale sono accreditate da studi scientifici.

Ad oggi, conclude Galderisi, “esistono diverse forme di psicoterapia che sfruttano le tecnologie digitali, tra queste la CBT (psicoterapia cognitivo-comportamentale) attuata attraverso l’uso di applicazioni elettroniche e mobili, per la quale numerose analisi mostrano risultati paragonabili a quelli ottenibili con le CBT tradizionali. Mancano invece dati validi sull’utilizzo di altre tecniche psicoterapiche”.

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