
Il progetto
Quando i Vichinghi colonizzarono l’Islanda nel IX Secolo dopo Cristo, era coperta di foreste al 40%. Nei secoli gli alberi furono abbattuti per ricavare pascoli e legna, fino a creare l’attuale paesaggio brullo. Dagli anni Cinquanta il governo islandese ha cominciato a riforestare, portando la superficie boschiva dall’1% dell’epoca all’attuale 2%. Il problema è che l’albero autoctono islandese, la Betulla pelosa, non riesce più ad attecchire nel paese, a causa delle temperature più alte dovute al riscaldamento globale.
Il Servizio nazionale foreste ha così cercato specie non autoctone che possano crescere bene nell’Islanda odierna: abeti rossi, pini e larici. Le sementi, provenienti soprattutto dall’Alaska e selezionate attentamente, hanno dato vita a foreste che stanno crescendo rigogliose. L’obiettivo è arrivare al 12% del territorio coperto da boschi entro il 2100. I vantaggi sono molteplici: le foreste evitano l’erosione del terreno e assorbono il gas serra anidride carbonica, oltre ad essere un patrimonio per la popolazione e la fauna selvatica.
