Nell’ultimo decennio, batteri mortali come MRSA, Clostridium difficile e persino il micobatterio della TBC hanno sviluppato numerosi meccanismi per sopravvivere a tutti i costi, la maggior parte dei quali combattono gli antibiotici: alcuni batteri hanno la capacità di pompare via gli antibiotici, mentre altri producono un enzina chiamato NDM-1, che corrode i farmaci rendendoli inefficaci. Tutti questi nuovi poteri speciali risiedono nei geni dei batteri, che si sono evoluto nelle generazioni per rendere questi organismi quasi indistruttibili. Quindi, forse, il miglior modo di renderli nuovamente attaccabili consiste proprio nel modificarne i geni. Un gruppo di scienziati del MIT ha sviluppato un metodo per editare questi geni, e lo ha fatto proprio imbrigliando il sistema immunitario del batterio. La chiave si trova in un sistema noto come CRISPR, un set di proteine che i batteri impiegano per difendersi dai virus: il sistema CRISPR contiente una proteina chiamata Cas9 che agisce come un paio di forbici, riconoscendo specifiche sequenze di DNA e tagliandole via. Ciò che è possibile fare è modificare l’indirizzo RNA codificato nelle forbici per fare in modo che taglino quel che vogliamo noi. Questo sistema era già stato impiegato per affrontare Hiv, morbo di Alzheimer e persino tumori cerebrali, ma gli scienziati del MIT sono i primi ad impiegarlo per combattere la resistenza agli antibiotici. Il metodo impiegato prevede l’uso di gusci virali per inoculare il sistema CRISPR nei batteri: con il tempo, i batteri tendono a scambiare materiale genetico fra loro, e quindi lo faranno anche con i nuovi fattori di vulnerabilità agli antibiotici. Non si tratta del più rapido dei sistemi, ma in futuro anziché assumere antibiotici quando siamo malati potremmo assumere questi probiotici quando stiamo bene! Nel frattempo, dato che il sistema CRISPR è atto a rimuovere naturalmente la porzione del materiale batterico che rende il microbo letale, esso potrebbe essere impiegato con successo per distruggere direttamente le infezioni. (Nat Biotechnol online 2014, pubblicato il 24/9)
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