Influenza: vaccino fondamentale, ma non riduce l’incidenza delle sindromi simil-influenzali

(Reuters Health) – La vaccinazione antinfluenzale è in grado di ridurre il numero di infezioni da virus tra gli anziani, ma non l’incidenza di malattie simil-influenzali. È quanto emerge da uno studio condotto da ricercatori olandesi guidati da Josine van Beek, del National Insitute for Public Health and the Environment di Bilthoven. I risultati sono stati pubblicati dal Journal of Infectious Disease.

Lo studio
Van Beek e colleghi hanno valutato in che modo il virus influenzale o altri agenti patogeni avevano effetti sulle malattie simil-influenzali negli adulti con più di 60 anni, per due stagioni influenzali consecutive in Olanda. Durante queste due stagioni, l’incidenza delle malattie simil-influenzali è stata rispettivamente del 7,2% e dell’11,6% e non sarebbe stata differente tra i vaccinati e i non vaccinati. L’influenza è stata diagnosticata in 18,9% dei campioni con malattia simil-influenzale nella prima stagione e nel 34,2% nella seconda; anche perché il vaccino sarebbe stato più efficace nella prima piuttosto che nella seconda stagione.E mentre l’incidenza dell’influenza sarebbe stata significativamente inferiore tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati, l’incidenza della malattia simil-infiammatoria non risultava ridotta dalla vaccinazione contro l’influenza. Nel 60,8% dei campioni della prima stagione e nel 44,7% della seconda stagione sono stati trovati agenti patogeni diversi dal virus dell’influenza. Tra i microorganismi più comunemente isolati ci sono coronavirus, metapneumovirus umano, rinovirus, virus sinciziali respiratori e virus parainfluenzali. Mentre l’unica specie batterica rilevata in un significativo numero di casi acuti di sindromi simil-influenzali è stata H. influenzae. “A livello sintomatico, le malattie simil-influenzali possono apparire come l’influenza, portando molte persone a mettere in discussione l’efficacia della vaccinazione e decidere dunque di non farla. I medici possono utilizzare i nostri dati per spiegare meglio ai pazienti cosa si possono aspettare dalla vaccinazione”, dice van Beek. Alla luce di questi risultati, dunque, “i medici dovrebbero sostenere la vaccinazione come una strategia di prevenzione primaria, soprattutto tra gli anziani, per ridurre il rischio, oltre che di polmoniti, anche di infarto, ictus e disabilità che potrebbero essere dovute al virus influenzale”, aggiunge Janet McElhaney della Northen Ontario School of Medicine, di Sudbury, in Canada, che ha collaborato alla stesura di un editoriale di accompagnamento dell’articolo.

Fonte: Journal of Infectious Diseases

Will Boogs

(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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