
Secondo Nicola Colacurci, presidente di Agui (Associazione Ginecologi Universitari Italiani), Paolo Scollo, presidente della Sigo (Società Italiana Ginecologi Ostetrici) e Vito Trojano, presidente Aogoi (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani), ”di parto si può morire e si muore anche adesso in tutto il mondo”.Per un’assistenza ottimale devono essere soddisfatti alcuni parametri, e se pur nel loro rispetto, si verifica la morte materna, vuol dire allora che questa era inevitabile. Il primo è la presenza di ”punti nascita adeguati per struttura, attrezzature, personale e con non meno di 500 di parti l’anno”. Un punto, quello del personale, aggravato dalla carenza di organico, acuita dall’entrata in vigore della normativa europea su riposi e orari di lavoro in sanità, ”a cui spesso non si sa come far fronte o che viene tamponata con personale interinale che non permette la creazione di una equipe multidisciplinare, prerequisito per una cura ottimale delle urgenze”. Inoltre è necessaria la presenza di ”personale ginecologo ed ostetrico con una formazione universitaria corrispondente alle esigenze professionali e in aggiornamento continuo”, e il rispetto di norme comportamentali o linee guida realmente condivise da tutta la comunità ostetrico-ginecologica. Agui, Sigo e Aogoi ”ritengono di essere in prima linea per le questioni di loro competenza, come la stesura linee guida e il programma formativo dei medici in formazione, adeguato alle attuali esigenze, e chiedono al ministro della Salute di intervenire, facendosi carico delle problematiche strutturali e di organico che assillano gran parte dei punti nascita”.
