
Gemelli a confronto
Presentati nel convegno sul Programma di Ricerca Umano della Nasa organizzato in Texas, a Galveston, questi risultati hanno aperto la strada alla genomica dei viaggi spaziali e saranno di grande aiuto in vista delle future missioni umane su Marte. Lo studio arriva a un anno dai dati preliminari, i quali avevano dimostrato che dopo un anno trascorso sulla Stazione Spaziale Internazionale il Dna di Kelly aveva subito dei cambiamenti e i “gemelli spaziali” non erano più identici.
Le nuove analisi, invece, indicano che il 93% dei geni di Scott è tornato alla normalità. Tuttavia, il 7% ha subito cambiamenti a lungo termine e questi geni sono collegati a sistema immunitario, riparazione del Dna, formazione delle ossa, livelli di ossigeno nell’organismo e di anidride carbonica nel sangue.
Anche cellule e parametri fisiologici sono tornati normali: quasi tutti i valori sono rientrati nella norma entro poche ore o giorni dall’atterraggio, mentre alcuni sono rimasti invariati per circa sei mesi. Per esempio le estremità dei cromosomi (i telomeri), note per essere associate alla longevità, di Kelly, che si erano allungate nello spazio, si sono ri-accorciate entro due giorni dal ritorno a Terra.
In generale, l’esperimento ha anche dimostrato che i lunghi voli spaziali sono associati a stress da privazione di ossigeno, aumento delle infiammazioni e drastici cambiamenti nei livelli dei nutrienti, con conseguenze sull’attivazione dei geni.
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