Gabapentin in associazione a oppioidi aumenta rischio depressione respiratoria

(Reuters Health) – L’assunzione concomitante di gabapentin e oppioidi aumenterebbe del 60% il rischio di morte correlata a oppioidi. Una percentuale che salirebbe, con l’aumento del dosaggio di gabapentin. È quanto avrebbe evidenziato uno studio pubblicato su PLoS Medicine e guidato da Tara Gomes del St. Michael’s Hospital e dell’Università di Toronto, in Canada.

Il gabapentin è comunemente usato come trattamento aggiuntivo nel dolore cronico, ma può anche indurre depressione respiratoria, tanto che in etichetta è riportata l’avvertenza che può provocare questo effetto collaterale in associazione con gli oppiacei. Per lo studio, Gomes e colleghi hanno preso le informazioni da diversi database canadesi per esaminare se la concomitante terapia con gabapentin è associata ad un aumento del rischio di morte accidentale correlata agli oppioidi. Dai risultati è emerso che la probabilità di una morte correlata agli oppioidi era del 49% più alta tra le persone che assumevano gabapentin e oppiacei, rispetto a coloro che venivano trattati solo con oppiacei. Una dose moderata di gabapentin, tra i 900 e 1800 mg, sarebbe associata ad un aumento del 56% del rischio di morte associata ad oppioidi, mentre alte dosi, oltre i 1800 mg, sarebbero associate a un aumento del 58% e infine dosi molto alte, oltre i 2500 mg, con un aumento del rischio dell’83%.

Secondo Toby Weingarten, della Mayo Clinic di Rochester, in Minnesota, “i risultati di questo studio sono preoccupanti e dimostrano che l’uso di queste terapie non deve essere preso alla leggera e la loro assunzione deve essere monitorata con attenzione”. “Quando si prescrive gabapentin, le dosi dovrebbero essere aumentate lentamente fino a raggiungere quelle terapeutiche”, ha inoltre precisato l’esperto. Mentre Alyssa Peckham, del Midwestern University College of Pharmacy di Glendale, in Arizona, ha spiegato che “il gabapentin è un farmaco che potrebbe essere soggetto a un potenziale abuso da parte dei pazienti trattati negli USA e in Canada, per cui il suo utilizzo dovrebbe essere tenuto sotto stretto controllo”.

Fonte: PLoS Medicine
di Will Boggs

(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)

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