Fumo, internisti italiani: nuovi prodotti alternativi a sigarette riducono i rischi

“I prodotti più innovativi, tra quelli alternativi alla sigaretta, rappresentano una strada concreta per ridurre i danni del tabagismo”.

Questo, in sintesi, il messaggio che esce dalla tavola rotonda ‘Tabagismo: vecchie abitudini e nuove sfide’, organizzata dalla Fadoi, la Federazione delle Associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti, all’interno del XXIV Congresso nazionale che si conclude domani, martedì 14 maggio, alla Fortezza da Basso di Firenze.

“Il grande problema è che pur essendo il fumo in Italia responsabile di 65 mila morti l’anno per le più disparate patologie, di tutti i pazienti che noi sappiamo essere costretti a smettere di fumare, solo il 10% vi riesce – spiega il presidente nazionale di Fadoi, Andrea Fontanella – La mission principale del medico resta quella di ottenere la cessazione del fumo, ma noi medici spesso siamo costretti ad accontentarci di risultati palliativi in tante patologie”.

A questo propostio, circa un mese fa la Food and Drug Administration fa ha ammesso la commercializzazione dei prodotti a rischio modificato. “Non si può dire a rischio ridotto – osserva Fontanella – perché ce lo diranno solo le prove del tempo, ma certamente a rischio modificato. Quello che si può dire con assoluta certezza, e il documento dell’Fda lo ha dimostrato, è che hanno un contenuto di sostanze tossiche decisamente ridotto rispetto al fumo delle sigarette tradizionali, soprattutto per quello che riguarda l’ossido di carbonio e gli idrocarburi policiclici, cioè quelli che sono responsabili della gran parte del fumo”.

“Alla base di tale riduzione vi sono principalmente temperature molto più basse, rispetto alla sigaretta, per rendere fruibile il tabacco – spiega Fabio Beatrice, direttore del Centro Antifumo San Giovanni Bosco di Torino – Mentre la sigaretta brucia e quindi agisce a una temperatura tra 400 e 100 gradi, i prodotti del tabacco di nuova generazione rendono somministrabile la nicotina al di sotto della temperatura critica dei 400 gradi. Il fumo freddo agisce intorno ai 300, 320 gradi, la sigaretta elettronica intorno ai 100 gradi, questo fa sì che vengano risparmiati al fumatore una buona parte dei prodotti che derivano dalla combustione. Togliere il monossido di carbonio o ridurre in maniera molto significativa sostanze cancerogene o irritanti vuol dire avere un prodotto di consumo verosimilmente meno nocivo di altri, con dei vantaggi immediati per la salute”.

Secondo Riccardo Polosa, professore Ordinario di Medicina Interna presso l’Università di Catania, “il grande vantaggio,c ome è stato certificato dalle grandi autorità scientifiche e sanitarie, in America e in Inghilterra, è che la riduzione del rischio si attesti intorno al 95%. E’ ovvio che questo miglioramento sarà sempre maggiore con gli anni a venire perché sono prodotti tecnologici che si innovano. Quindi anche se dovessimo trovare qualche problema di un singolo componente tossico, si lavorerà sul prodotto per minimizzare questo problema, come è già successo con i carbonili, le aldeidi, introducendo dei sistemi a temperatura controllata. I Paesi che risultano più avanti nell’aver sposato e coniugato la politica di riduzione del rischio con le politiche di controllo del tabacco sono la Gran Bretagna, la Nuova Zelanda e l’Islanda, e lì abbiamo visto un’impressionante riduzione della prevalenza del tabagismo che non ha eguali storici in quei Paesi”.

Altro punto della discussione su questo tema è lo stato del dibattito, a livello di comunità medica e di opinione pubblica. ”Siamo ancora in una fase conoscitiva -afferma Fontanella- in quanto tanto i medici  quanto i pazienti non hanno delle informazioni complete su questi prodotti. Ma una cosa è certa: laddove non si riesce a ottenere il risultato ottimale, quantomeno si può ridurre l’introito di sostanze tossiche e da questo logicamente ci si attende una riduzione del danno senza che loro che abbiano a patire la privazione della nicotina. E questo può nel tempo portarli anche a disassuefarsi più facilmente da questa dannosa abitudine”.

Calano i medici fumatori
Nel corso della tavola rotonda sul tabagismo, sono stati discussi anche i risultati di una survey tra i  medici ospedalieri, voluta da Fadoi e pubblicata nel 2018. “Abbiamo chiesto quanti fossero i fumatori e i non fumatori, e abbiamo avuto la gradita sorpresa che il 60% non è fumatore, e che circa il 25% ha  smesso – precisa Fontanella – Quando si è chiesto loro se avessero  interesse a avere notizie sui nuovi device, l’interesse si è dimostrato elevato e hanno tutti confermato che era doveroso, e per le società scientifiche e per le associazioni di pazienti, avere notizie  precise che non venissero dal mondo spesso fallace o parziale o guidato di internet. Altro aspetto poi importante è l’atteggiamento  nei confronti di questi prodotti”.
Il 44% degli intervistati non sa esprimersi, l’11% è favorevole, il  13% è totalmente negativo, il 32% è possibilista. Il 96,8% ritiene giusto l’interessamento delle Società Medico -Scientifiche a questa classe di nuovi prodotti. Quando indaga sulla storia clinica e sullo stato di salute dei suoi propri assistiti pazienti, il 97,4% chiede  sempre se fumano o hanno fumato in passato. E quando la  risposta è affermativa, il 72,5% dei medici raccomanda di smettere di  fumare completamente, il 47,5% gli evidenzia la correlazione fra la  sua patologia e l’abitudine al fumo, il 27,5% propone di intraprendere un programma per la dissuefazione , il 10,4% raccomanda di ridurre la  quantità di sigarette.

La riduzione del danno
”Consiglio primario che ogni medico deve dare ai suoi pazienti, siano essi in perfetta salute o affetti da particolari patologie, è smettere di fumare, e questo è un dogma, ma è importante considerare che molti pazienti non riescono a smettere da soli, anche se necessario”, aggiunge Polosa.

“Dovere di ogni medico – spiega il professore – è dunque quello di assicurare l’accesso a tutte le possibilità che possono aiutarlo a smettere, e tra questi vi sono il counselling, la terapia sostitutiva della nicotina e anche l’uso di sigarette elettroniche o riscaldatori  di tabacco. La comunità scientifica non è divisa sull’approccio al tabagismo ma su quello che riguarda la riduzione del danno da fumo. Io al CoEHAR, il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo di  cui sono direttore, ho scelto di applicare il principio della riduzione del danno su progetti di ricerca che afferiscono a 40 docenti di specialità diverse e che si basano su 6 diverse aree di azioni clinica e sociale”.

“Si tratta di una linea di condotta etica che va applicata in ogni settore della medicina. Inoltre, pochi giorni fa nella Regione Marche il principio della riduzione del danno è stato inserito anche nel piano sanitario regionale. Credo proprio – conclude Polosa – che si tratti di un esempio da seguire anche da tutte le altre regioni italiane. Le chiacchiere stanno a zero, procediamo con le azioni concrete”.

“L’obiettivo è fare l’interesse dei nostri cittadini, tutti. Se la capacità dei prodotti alternativi alla sigaretta di ridurre le sostanze nocive verranno confermate, e le stiamo studiando, sarà una grande opportunità”. Così Claudio Cricelli, presidente della Smig, la Società italiana di medicina Generale, che  traccia un parallelo con altre situazioni simili, legate sempre alla salute.
“L’obiettivo che oggi si propone la medicina e il sistema sanitario -prosegue Cricelli – è quello di curare le malattie, e questo ormai è scontato, ma soprattutto di evitare che la gente si ammali. Dobbiamo quindi ridurre tutti quei fattori che comportano un rischio di  malattia. E’ diventato più importante oggi intervenire sui rischi,  tutti, che sono quelli noti, l’alimentazione, l’alcol, il fumo, l’obesità. Pensiamo a quando diciamo di diminuire il sale o lo zucchero. E poi per il fumo cosa facciamo? Sappiamo che smettere di fumare è particolarmente difficile. Le sostanze nocive contenute nella sigaretta tradizionale, che tutti noi conosciamo, le potremmo ridurre? E se riducendo queste sostanze riuscissimo a ridurre queste malattie,  voi medici cosa ne pensate? Se questo è vero noi medici siamo contenti di adoperare questi strumenti, di qualunque tipo, che potrebbero aiutare a ridurre sensibilmente i rischi connessi al fumo”.

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