Eruzioni esplosive: scoperto il meccanismo che le innesca

Come si innescano le eruzioni vulcaniche esplosive? Grazie ad una leggerissima variazione della composizione chimica del magma, che ne altera la viscosità andando quindi a determinare la violenza dell’eruzione. A spiegare il meccanismo è uno studio pubblicato su Nature da un gruppo internazionale di ricerca guidato dal geologo italiano Danilo Di Genova all’Università di Bristol, in Gran Bretagna.

La scoperta
I risultati segnano una svolta dopo decenni di studi, in cui i vulcanologi si sono interrogati sui meccanismi che determinano il passaggio da un’eruzione di tipo effusivo, con lenti fiumi di lava che scorrono in modo continuo, ad un’eruzione di tipo esplosivo, con la violenta espulsione di ceneri e gas incandescenti in atmosfera che possono perfino condizionare il clima.

Comprendere “il meccanismo che c’è dietro la transizione tra questi due stili è cruciale per stabilire l’entità del rischio vulcanico”, spiega Danilo Di Genova. Con il suo gruppo di ricerca, il geologo ha studiato i magmi prodotti dal sistema vulcanico di Yellowstone, un modello ideale “perché nella sua storia ha eruttato sia effusivamente che esplosivamente, producendo anche super eruzioni capaci di alterare il clima”.

Attraverso una serie di esperimenti di laboratorio, i ricercatori hanno poi riprodotto i diversi tipi di magma. “Confrontando la loro chimica e la viscosità – racconta Di Genova – siamo stati in grado di individuare un punto chimico critico in cui la viscosità cambia moltissimo e in maniera del tutto inaspettata”. La scoperta, verificata su oltre 700 analisi di rocce eruttate da 40 vulcani di tutto il mondo (inclusi Lipari e Vulcano, nelle isole Eolie), dimostra che “la transizione da un tipo di eruzione all’altro è determinata da impercettibili variazioni di potassio, sodio, ferro e alluminio.

Inoltre, abbiamo trovato delle nanoparticelle di ossido di ferro che aumentano la viscosità del magma e il rischio di eruzione esplosiva”. Questi risultati, conclude Di Genova, dimostrano che “dobbiamo ripensare il nostro modo di ‘modellizzare’ i processi vulcanici, introducendo più chimica e fisica”.

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