Emicrania: un anticorpo monoclonale per la cura

La nuova frontiera della cura dell’emicrania potrebbe essere quella degli anticorpi monoclonali. Già approvati ma non ancora in commercio in Italia, questi farmaci potrebbero aiutare tutte le persone, oltre un miliardo nel mondo, che soffrono di emicrania, la terza patologia per prevalenza e la sesta malattia più invalidante a livello mondiale.

Si tratta di un anticorpo monoclonale completamente umanizzato che ha come target il peptide CGRP, identificato per l’emicrania. In parole più semplici “oggi stanno arrivando sul mercato dei farmaci che sono capaci di interferire con il meccanismo che genera la malattia, e che si esprimerà poi con delle crisi”, ha spiega Elio Agostoni, direttore Dipartimento di Neuroscienze Asst Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, a margine del IX Congresso nazionale Anircef (Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee), che si è tenuto a Milano.

“Fino ad oggi – ha proseguito – abbiamo curato le crisi di emicrania ma non la malattia, o meglio l’abbiamo fatto solo parzialmente”. La strategia terapeutica infatti oggi si focalizza sulla cura delle crisi quando arrivano e sulla cura della malattia, quindi sulla prevenzione e la profilassi: “quando le crisi occupano 4/5 giorni al mese l’indicazione è quella di fare la profilassi, quando invece si tratta di episodi che sono meno di 5 giorni al mese c’è solo la terapia dell’attacco. Un’impostazione rigida”.

Con i nuovi farmaci iniettivi, trimestrali o mensili, la situazione potrebbe cambiare: “questi modificheranno la nostra percezione di crisi e di malattia e ci permetteranno di prevenire le crisi e altri problemi collegati all’emicrania”.

L’emicrania si distingue in cronica ed episodica: nel primo caso, i pazienti ne soffrono per almeno 15 giorni al mese, nel secondo caso per al massimo 14 giorni al mese. In Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito sono oltre 15 milioni le persone che soffrono di emicrania episodica e cronica, in Europa questa malattia ha un costo per l’economia di 18 miliardi di euro l’anno in termini di produttività e giornate di lavoro perse.

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