Elettroshock, gli 80 anni della terapia

Il 18 aprile 1938 a Roma gli psichiatri Ugo Cerletti e Lucio Bini trattarono per la prima volta un paziente affetto da disturbo psicotico con la terapia elettroconvulsivante (Ect), nota anche come elettroshock. Quest’anno ricorre l’ottantesimo anniversario dall’invenzione di questa terapia, che negli anni è stata utilizzata su pazienti con gravi malattie psichiatriche. A Roma il 27 e il 28 settembre si sono incontrati esperti di tutta Europa e degli Stati Uniti per discutere di come la tecnica sia cambiata negli anni e quali siano oggi i suoi potenziali utilizzi.
“Nel 1938 alcuni studi avevano dimostrato l’efficacia della terapia nel risolvere i quadri di acuzie psichiatriche – ha ricordato Gabriele Sani, psichiatra, professore associato di psichiatria della Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza di Roma e membro del board scientifico del congresso – Si era visto che la convulsione risolveva i sintomi psicotici nelle persone affette. All’epoca non esistevano trattamenti farmacologici né terapie fisiche”.
Dopo la guerra nascono, in Europa e negli Usa, i primi centri dedicati. “All’inizio la terapia era praticata senza tutti quegli accorgimenti che vengono presi oggi. Adesso chi si sottopone a questo trattamento è in anestesia totale e gli vengono somministrate terapie miorilassanti per evitare le scosse cloniche. Questi accorgimenti aumentano l’efficacia e la sicurezza della terapia elettro convulsivante”.
In Italia sono una manciata i centri in cui è possibile effettuare l’Ect – tutti a Nord – e i pazienti trattati ogni anno sono poche centinaia: “L’anno scorso l’Università di Pisa ne ha presi in carico una cinquantina, mentre villa Santa Chiara a Verona un centinaio”, ha puntualizzato Sani.
“Nel vostro Paese c’è una resistenza a questa terapia – ha affermato Declan McLoughlin, psichiatra al Trinity College di Dublino e tra i maggiori esperti di terapia elettro convulsivante – La letteratura ci offre prove solide della sicurezza e dell’efficacia dell’Ect in una parte della popolazione con gravi problemi psichiatrici che non risponde o non può accedere alla terapia farmacologica”. È infatti importante ricordare che non si tratta di una tecnica applicabile a tutti, ma solo a persone con patologie severe per i quali le altre terapie non sono praticabili. Tra gli effetti collaterali più comuni, l’alterazione della memoria a breve termine, che nel 70% dei casi è temporanea e si risolve in qualche mese. “L’Ect è una terapia potente per patologie molto gravi – ha ricordato l’esperto – Come ogni trattamento, non è priva di effetti collaterali ma riteniamo che il beneficio fornito a queste persone – la cura del sintomo – compensi il rischio. Nel resto d’Europa vengono trattati in questo modo in media 5 persone ogni 100.000 abitanti – ha continuato McLoughlin – Nel caso di Roma e del suo hinterland, che conta circa 5 milioni di persone, dovrebbero essere circa 250 i pazienti che potrebbero beneficiare del a terapia elettro convulsivante”.
Per Sani “sarebbe importante creare, a livello nazionale o regionale, gruppi di lavoro di professionisti formati sull’Ect e sulle altre terapie fisiche in psichiatria, come la stimolazione magnetica transcranica, per valutare caso per caso le migliori strategie terapeutiche da adottare. Tutto questo non è mai stato fatto”.

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