Ebola: scoperto come si è diffusa

A veicolare la diffusione dell’Ebola nel 2014 sarebbero stati singoli pazienti particolarmente contagiosi, responsabili quindi della maggior parte dei casi di infezione. Secondo i risultati di un’analisi coordinata dall’Università di Princeton e pubblicata sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas) questo 3% di malati sarebbe stato responsabile del 61% di tutti i casi.

Super-diffusori
“Da qualche anno – ha spiegato l’esperto di malattie infettive Giuseppe La Torre dell’Università Sapienza di Roma – è emerso il concetto di super-diffusori ossia persone che in qualche modo diffondono un microrganismo con una probabilità molto più alta rispetto alla media. Questo può essere dovuto a due fattori, uno di origine biologica per caratteristiche del microrganismo, l’altra di natura sociale o demografica”.

Bambini e anziani
Secondo lo studio, fatto grazie ai dati raccolti durante l’epidemia, il ‘motore’ principale della diffusione di Ebola nel 2014 in Africa sarebbero stati in particolare due fasce di età di malati, i bambini e gli anziani. “Soggetti per cui esiste una maggiore attenzione da parte della famiglia”, ha precisato La Torre.

Dove
Secondo i dati, la stragrande maggioranza delle infezioni si sarebbero verificate lontano dagli ospedali, dove i pazienti difficilmente hanno infettato altre persone, e pochi soggetti, appena il 3% sarebbero stati responsabili dei due terzi di tutti gli ammalati. “Per Ebola gli aspetti culturali hanno inciso tantissimo”, ha detto La Torre.

Interventi
“Prestare assistenza a persone altamente infettive – ha aggiunto – in ambienti con condizioni igieniche molto precarie ha portato inevitabilmente a una grandissima diffusione di una malattia che peraltro ha un altissimo tasso di mortalità anche se curata all’interno di strutture moderne”.

“Lo studio – ha concluso – ci dimostra quanto sia fondamentale in futuro poter avere accesso immediato a una rete di dati in modo da fare analisi rapide. Questo non vale solo per Ebola ma anche per tutte le malattie a rapida diffusione, come la Sars o la pandemia influenzale del 2009”.

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